… PER ESSERE SENTINELLA

La Parabola Mt. 25, 14-30: “Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì”, ci consegna tre certezze.

Tutti e tre i servi sono preziosi davanti agli occhi del padrone. Ciascuno ha una individualità irrepetibile. Tutti e tre sono protagonisti, abilitati a moltiplicare il dono ricevuto.

Tutti e tre sono invitati alla responsabilità e alla corresponsabilità. Più ancora sono chiamati, per riprendere le parole di Is. 21,11 ad essere sentinella. “Mi gridano da Seir: sentinella quanto resta della notte?”.

E’ dichiarato malvagio quello che formula una giustificazione alla propria pigrizia.

La Parabola è un severo invito alla responsabilità e alla corresponsabilità.

La responsabilità consiste nel saper dare risposta a chi invoca e al richiamo che ogni evento custodisce in sé. Essa è necessariamente legata alla corresponsabilità, tipica a ogni risposta dialogica, e appartiene alla logica del dono. Il dono di sua natura è tale perché va moltiplicato per se stessi e per gli altri.

La responsabilità quando cerca la risposta ad un appello, rivela, nella sua dinamica, oltre il coinvolgimento di chi sta accanto, la sua caratteristica finalità: è per il futuro. La responsabilità dà sempre risposte orientate al futuro e pertanto l’agire responsabile comporta un recupero di memoria a riguardo delle persone e dei fatti, l’ascolto e il discernimento di quanto accade e interpella, l’educazione dello sguardo alla bellezza, l’orientamento ad una progettualità amorevole.

E’ malvagio quindi colui che, imitando il serpente astuto dell’Eden, trova, con astuzia, giustificazioni alla sua mancata risposta. Nel nostro vivere quotidiano, quasi ogni momento è segnato da domande a noi indirizzate e a dovute risposte. E’ malvagio chi è pigro. Spreca il dono ricevuto e si allontana dal doveroso saper leggere e discernere la realtà come verità e come promessa di un bene.

Il Vangelo in questa Parabola, come in tutto il suo linguaggio, spinge a osare, a inventare, a creare, anche in situazioni di speranza smorta. Lo star fermi e l’indifferenza è già commettere un male.

Oggi in tutta la Diocesi di Ivrea si celebra la festa della Chiesa Locale, cioè dell’inaugurazione o consacrazione delle chiese parrocchiali e della Cattedrale. La chiesa di San Lorenzo è un monumento vivente di perenne iniziativa e creatività. Don Giacomo Sonza, originario di Lessolo, inizia il progetto e la costruzione nel 1718. “Quei di San Lorenzo” dimostrano coraggio e fiducia affidando il progetto al celebre Charles Andrè Ghibert che ha appena terminata la costruzione del Ponte Vecchio nel 1716. Solo nel 1725 viene completata la cupola ellissoidale e la lanterna. La copertura del tetto a capriata utilizza come travi e remme gli alberi di castagno abbattuti a Canton Gabriel. La difficoltà di issarli fin lassù è superata con un lungo “ramblè” che dalla piazza passa nel portale e si alza fino a pochi metri dalla cuspide. Una costruzione che racconta coraggio e audacia. Nel 1881 viene prolungata e resa più capiente. Solo nel 1904 è dotata di illuminazione elettrica. La costruzione continua sempre, adattando il locale alle nuove esigenze, fino ad oggi. Essa è stata ed è un cantiere aperto.

Un’interpretazione di un fabbricato, di uno spazio per l’assemblea, di un luogo che richiama la presenza del Dio vivo, che interpreta la dinamica della Parabola: “Tutto è moltiplicato” o per dirla con don Giorgio Riva: “Al ben à l’è pi fort che ‘l mal…anduma avanti!”.

                                                                                               Ivrea, 19 novembre 2017 – don Renzo