LA FELICITÀ DELLE PICCOLE COSE

“Ivrea la bella” e l’eredità degli Olivetti

Norma Torrisi Fubini, 06.06.2017

Narratrice e blogger, amante ricambiata di luoghi e comunità, cerca perle e trova racconti.

Ivrea - Piazza del Municipio

IVREAÈ proprio così. La felicità sta nelle piccole cose, che sommate assieme fanno grandi cose…

Una città dove in mezzo scorre il suo fiume, la cerulea Dora tanto decantata dal poeta. Quella stessa acqua che passa sotto un ponte di romana memoria che non cade mai e sta sempre lì anche quando la spinta della piena sembra che lo squassi. 

Quella acqua che fa crescere il riso nelle risaie poco lontane, dove si abbeverano uccelli bellissimi e dove i canali son stati disegnati da Leonardo di passaggio in questa città. La città delle utopie, delle belle utopie, “Ivrea la bella”, come sempre decantava quello stesso poeta, ed è vero che è bella, con le sue rosse torri.

Quelle rosse torri che in questi primi giorni di giugno han visto La Grande Invasione, un festival o una rassegna chiamatela come meglio vi aggrada, che un canavesano e un romano han organizzato ed è giunta alla sua quinta edizione, chiamando a raccolta poeti, scrittori, musicisti, blogger, traduttori, visionari, pittori o grafici, amanti dei libri e chi li scrive. Tanti da ogni dove. E poi La Piccola Invasione che vede migliaia di bambini per quattro giorni divenire scrittori, visionari, illusionisti delle parole e ambasciatori di quel sapere che promette solo bene per il continuo della specie umana.

Quiadagiata ai piedi dei monti svettanti e con le cime innevate anche nella calura estiva, una famiglia ebraica ha coniugato profitto e utopia, welfare e cultura, piacere e lavoro. Gli Olivetti che han dato benessere e piacere nelle cose che si costruiscono e han fatto vanto della cultura piemontese del lavoro ben fatto dalla quinta strada di New York agli uffici pubblici, dalle fabbriche alle case private di tutto il mondo. Basti pensare a quella famosa Lettera 22 sulla quale sono stati scritti capolavori di sapere e di conoscenza. Se ne è andata la fabbrica, i suoi operai sono ritornati contadini, o pensionati o sono andati nel mondo e han costruito altri sogni e altri progetti. Per esempio il mouse, che è nato qui da geni di eccellenza tecnologica. Ma l’eredità del progetto olivettiano resta ben iscritta nelle architetture funzionaliste che gli furono casa e laboratorio.

Ed ecco che altro gruppo di sognatori e amanti del bello, raccolti attorno a un portale di esperienze territoriali dal nome programmatico di Espereal.com,  ha deciso di entrare, chiedendo permesso a quei due che La Grande Invasione hanno voluta e creata, Pilo e Cassini. Assieme a un dotto e capace pensatore di parole e di profondità quale Marco Peroni, han voluto portare le persone in giro per quegli edifici. Quelle persone che sono venute in tante e hanno camminato facendosi raccontare l’inizio della fabbrica di mattoni rossi voluta da Camillo Olivetti, sedute nella penombra sotto le travi di cemento della Nave dove avevano sede i servizi sociali, per poi spingersi alla Chiesa di San Bernardino, incastonata tra gli edifici della Olivetti, con i più begli affreschi del quattrocento piemontese, i meglio conservati grazie al fatto che qualcuno, per provvida sventura, lo fece divenire un fienile.

Siamo passati accanto al fabbricato blu e rosso che guarda il parco e dove venivano rinchiusi i pensatori geniali che costruirono i prodotti che svettavano su tutti i concorrenti. E poi la mensa, che non doveva essere solo un luogo per mangiare, ma uno spazio di riflessione e ricreazione, dove potevi incontrare Laura Betti che leggeva Calvino o l’esperto taylorista che spiegava il sistema delle fabbriche nel mondo. Tanti sono passati da Ivrea, li ritrovi tutti nel gotha della loro professione, e convivevano con i contadini divenuti operai che Adriano voleva restassero tali e vivessero nei loro luoghi. Ecco perché noi abbiamo una città immersa nel verde e i dintorni non sono stati sbranati dal cemento, ma coltivati a grano, mais, con la vigna, gli alberi da frutta e gli orti.

Siamo scesi lungo via Jervis con la sua fabbrica di grandi vetrate per portare luce dentro al luogo di lavoro e poter alzare lo sguardo e vedere le montagne lontane, sognare, pensare, immergersi nuovamente nel pezzo o nel disegno. Progetto, talento, cultura, leggere, pensare, stare bene, godere del benessere e coscienza di avere privilegi e di meritarseli perché la fabbrica progrediva e i profitti pure. Questi, a loro volta, venivano investiti in welfare, che voleva dire colonie, quotidiani da leggere, libri che nessun altro in giro aveva, quadri, appesi agli angoli, di artisti importanti o che sarebbero divenuti tali.

In fondo, poi, verso quella che al tempo era una campagna rigogliosa, verso i quartieri di belle case per operai, impiegati e dirigenti con lo spazio attorno fatto di prati e alberi, il famoso polmone verde che ti ristora e ti rende gradevole abitare e vivere. La filosofia era quella di mescolare i ceti, favorire amicizie e frequentazioni, confrontare il sapere e il quotidiano. Tra casa e casa si produceva la tolleranza, il bene comune, la cultura, la dignità, il saper fare. É la magia inesausta di via Jervis, che Le Courbousier definì la più bella e importante via del mondo, proprio perché lì ritrovi il segno di architetti che al tempo erano sconosciuti e appena laureati. Si sa: la scommessa di Adriano, l’ingegnere, era di dare opportunità a coloro in cui intravedeva talento e visioni.

Donne e uomini, cresciuti a Ivrea o altrove – e tra loro parecchi ragazzini – han compiuto questo percorso di tre ore, fatto di sguardi, racconti, aneddoti, confronti, citazioni, han camminato sotto il sole e non volevano più smettere di conoscere e vedere la favola bella di Adriano Olivetti. Esperienza importante, interessante e fondamentale che serve a mettere un tassello in più dentro il tuo passo quotidiano di conoscenza. A dare valore a ciò che è stato e che magari non riesce a ripetersi. O forse sì. Intanto Ivrea ha dato i natali a ingegni, talenti in molti campi culturali, sia nel privato che nel pubblico e qui sono nate a inseguimento di quel sogno o utopia tante eccellenze che ancora danno e producono benessere.

Qui leggiamo e acquistiamo libri, come l’ingegnere ci ha insegnato, qui appunto è nata La Grande Invasione che ha vinto un premio prestigioso come festival di cultura.

Bello è poi vedere una giovane ragazza di nome Chiara, una delle cavallette de La Piccola Invasione, che conversa in perfetto inglese assieme a Cansu, una dottoranda turca in visita all’Università Torino, venuta a conoscere i luoghi della Olivetti e portarsi a casa il bel libro scritto da Marco Peroni sui percorsi architettonici olivettiani. Libro che sta passando di edizione in edizione, proprio perché non si limita a descrivere architetture, ma ti racconta i fatti, gli antefatti e il prosieguo. A sentirle scambiarsi opinioni sui libri e capire che il libro preferito di entrambe è Le città invisibili di Calvino, ti vengono gli occhi lucidi e ti ristora il pensiero che ci sarà ancora un futuro di bellezza.

Ivrea la bella che per quattro giorni, dentro le mura ha dissertato di temi alti e piacevolezze, ha sorriso, mangiato con i racconti di Buzzati o di Sciascia, chiacchierato di amicizia fra le montagne, di Kafka e di Cuore negli angoli del centro storico, dentro chiese consacrate e non, con angioletti svolazzanti paffuti che ascoltano dissertare di Parmenide o di Velia, Socrate che scende nelle strade ad auscultare il pensiero dei suoi concittadini. E poi raccontare il corpo delle giovani donne americane, la poetica del rap e la pistola fumante di un tempo in cui tanti han pensato che fosse prossima la rivoluzione, mentre qualcuno sfogliava Playboy. Tutto questo e tanto altro.

Intanto Gianmarco Pilo corre affannosamente da un punto allo altro della città a presentare, inaugurare, introdurre, sfrecciando su una bicicletta gialla e Marco Cassini lo incrocia e si scambiano abbracci, magari anche affanni… I tanti volontari, le competenze, la macchina organizzatrice oramai quasi perfetta, dove tutto si intreccia, anche la fatica, e magari la pioggia che prova inutilmente a spazzare le parole di una scrittrice francese, benedetta dal dono della parola, Annie Ernaux, per poi chiudere un sabato magnifico ascoltando le sue parole restituite da una grande attrice come Sonia Bergamasco.

Per saperne di più visitate i siti www.espereal.com  e www.lagrandeinvasione.it