LA BELLEZZA DELLA VITA
Mario Melazzini si racconta nel libro “Lo sguardo, la speranza”
Redazione 09.08.2016
“A volte siamo così concentrati su noi stessi che non ci accorgiamo della bellezza delle persone e delle cose che abbiamo intorno da anni, magari da sempre. Così, quando è la malattia a fermarti bruscamente, può accadere che la propria scala di valori cambi.
E che ci si renda conto che quelli che noi, fino a quel momento, consideravamo i più importanti invece non erano proprio meritevoli dei primi posti”: sono le parole scritte da Mario Melazzini nel libro “Lo sguardo, la speranza”. Una pubblicazione, scritta con il cuore, e che tocca il cuore dei lettori.
Mario Melazzini è il presidente di Aifa, agenzia italiana del farmaco.Medico, oncoematologo, ha ricoperto ruoli apicali in ambito sanitario e sociale. E’ presidente di Arisla (agenzia nazionale per la ricerca sulla sclerosi laterale amiotrofica) e Presidente della commissione nazionale ministerale per la ricerca biomedica. Nel 2003 gli è stata diagnosticata la sclerosi laterale amiotrofica, malattia neurodegenerativa che prima blocca la mobilità degli arti, poi impedisce la deglutizione e la fonazione, infine la respirazione.
A 45 anni, Mario Melazzini, scopre di essere malato di SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica). È l’inizio di un lungo percorso di accettazione dei propri limiti, per arrivare alla consapevolezza che una malattia che mortifica e limita il corpo non significa, necessariamente, l’impossibilità di una vita piena e realizzata. Non solo. Scopre che la malattia può trasformarsi in un’alleata per tutelare quanti ne sono affetti e per provocare riflessioni sul significato della vita, sui concetti di normalità e malattia, sull’impegno dello Stato accanto a chi è indebolito dalla prova.
Con uno stile che colpisce per schiettezza e trasparenza, Melazzini ripercorre nel libro “Lo sguardo, la speranza” la sua personale esperienza nella lotta contro la SLA e il percorso che lo ha portato ad assumere importanti incarichi nella battaglia per la tutela dei malati e per la ricerca scientifica.“Se prima mi occupavo di guarire – spiega – ora voglio curare. La differenza l’ho provata sulla mia pelle: inguaribile non è sinonimo d’incurabile. E se anche non posso guarire voglio continuare ad essere d’aiuto per gli altri, per i miei pazienti, i miei compagni di malattia, in tutte le fasi del loro difficile percorso”.
La sua consapevolezza di amare la vita, come dono di Dio, comunque sempre, non è stato improvviso. Ma è frutto di un percorso personale molto profondo di cambiamento, di trasformazione: “Ci sono voluti anni per capire. Anni in cui ho conosciuto la sofferenza, l’angoscia. Anni in cui ho imparato a farmi aiutare in tutte le azioni della giornata, a muovermi su una carrozza, a nutrirmi attraverso un tubo, ad usare il ventilatore. Anni per l’esperienza di ricominciare. I miracoli non sono solo materiali, anzi. Sono guarito dentro”.
Un medico, un uomo, che ogni giorno affronta la vita con coraggio e speranza, convinto della bellezza della vita: “capisco che vivere è bello, indipendentemente dalla condizioni in cui qualsiasi individuo può venirsi a trovare. E che la vita merita sempre di essere vissuta, dal momento del concepimento fino alla sua fine naturale, anche con la malattia”.
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