IL “CANTICO DEI CANTICI” IN CHIAVE ICONOGRAFICA
24 stupendi dipinti di Gian Battista Omacini per la singolare riproposizione del celebre passo biblico, pubblicato dall’editore Velar
LORENZO BRUNETTI, 18.04.2013
TORINO – Immagini spiazzanti per la loro bellezza, colori caldi e luminosi, oggetti simbolici, volti carichi di amore e di fede. Sono queste le principali caratteristiche della serie di dipinti di Gian Battista Omacini ispirate al celebre passo biblico del Cantico dei Cantici. L’autore riesce nell’impresa unica di far immergere qualsiasi lettore dentro la realtà del poema. L’artista di Offanengo, dopo aver studiato nei dettagli la Bibbia e aver scelto questo testo come quello più idoneo per far risplendere la meraviglia dell’amore umano, ha dipinto 24 tele, 3 per ciascuno degli 8 capitoli in cui è suddiviso l’intero passo.
I dipinti riprodotti in questa pubblicazione (Il Cantico dei Cantici, Editrice Velar ed. 2008 www.velar.it) sono uniti al testo nella sua versione integrale e la loro forza sta nel lasciare al lettore la possibilità di interpretare e riscoprire nell’opera pittorica i simboli e i segni espressi nell’opera letteraria. Infatti il Cantico dei Cantici è uno dei libri più conosciuti della Bibbia ma è anche uno dei più enigmatici. Diverse interpretazioni si sono susseguite nel corso dei secoli ma nessuna di queste è mai riuscita a dare una chiave di lettura definitiva dell’opera risalente approssimativamente al IV sec. a.C. e attribuita al re Salomone.
Già dai primi due versi del Cantico dei Cantici emerge l’intero significato di tutta l’opera: “Mi baci coi baci della sua bocca! Sì, migliore del vino è il tuo amore”. Un uomo, una donna, Dio. Sono queste le tre figure principali di tutto il poema, le tre figure attorno alle quali Gian Battista Omacini ha creato questa stupenda rivisitazione iconografica che non ha precedenti degni di nota.
L’amore è il soggetto principale del libro, rappresentato sia come sentimento umano tra un uomo e una donna che come profondo e sacro sentimento universale. L’impatto dell’opera di Omacini è immediato anche per un lettore che non ha con sé l’apporto della fede cristiana. L’autore degli splendidi dipinti, infatti, è stato talmente abile da creare una sincronia unica tra il testo biblico, le immagini, i sentimenti e colui che si appresta a sfogliare le pagine e ammirare i quadri.
Il primo dipinto, uno dei più belli, rappresenta un calice di vino che tratteggia i volti dell’uomo e della donna e nella parte alta un viso metafisico simboleggia la presenza Divina, implicita in quanto fonte e origine dell’amore. Sotto il calice ci sono le fedi nuziali e questo particolare viene ripetuto in tutte le 24 tele; il Cantico dei Cantici, infatti, viene anche chiamato “Cantico degli Sposi”.
Ciò che impressiona dell’arte di Omacini è la piena aderenza al testo biblico che il pittore ha adoperato per imbastire la sua opera e caricarla dei suoi più densi significati: l’amore appassionato tra i due giovani, i pericoli che si possono incontrare e che possono comprometterlo, l’ansia della ricerca del proprio amato, lo splendore del corpo femminile e, non ultimo, l’erotismo.
La straordinaria forza della donna è un altro dei temi centrali, una donna spesso umiliata e che sfida tutti i pericoli della notte alla ricerca del suo amore nella fede.
“Il mio amato è dentro di me!”- questa è la rivelazione della protagonista all’inizio del capitolo 6. Mai come in questo momento l’amore tra i due giovani è stato così vicino a quello di Dio. Manca ancora qualcosa, un ultimo tassello per celebrare quest’unione definitiva, e Omacini ci offre su un piatto d’argento la soluzione all’enigma. Quando, in una delle ultime raffigurazioni, un asse di legno separa i corpi dei due amanti l’autore con grande maestria e capacità interpretativa dipinge una chiave legata alle due fedi nuziali, ovvero i due giovani devono legarsi davanti a Dio con una chiara allusione al matrimonio.
Le ultime tele sottolineano fortemente il significato finale del poema: il messaggio d’amore non finisce e la storia del Cantico dei Cantici non è di una coppia in particolare ma è quella di ognuno di noi e di tutti coloro che verranno.
Tra le varie questioni che sono state mosse riguardo al passo biblico alcune non sono mai state risolte. La mancanza di un esplicito riferimento a Dio e le descrizioni ricche di allusioni erotiche potrebbero far sorgere qualche dubbio circa la sacralità del testo. In realtà la varietà di paesaggi, persone, sentimenti e difficoltà rappresentano un percorso che l’uomo deve percorrere per raggiungere l’amore nella sua totalità d’espressioni e che, in definitiva, risulta coincidere con l’amore di Dio.
Nella parte finale della pubblicazione è presente anche una guida alla lettura iconografica delle opere: per ciascuno dei dipinti di Omacini vengono riportati i passi del testo più significativi dai quali l’autore ha tratto ispirazione per i suoi ritratti con la spiegazione di quelli più complessi e simbolici. Dalla vigna al melograno, dalla volpe alle sentinelle; tutti questi elementi assumono svariate connotazioni nella letteratura araba e sono di difficile interpretazione per noi occidentali e così Monsignor Carlo Ghidelli, Arcivescovo emerito di Lanciano, che ha curato l’introduzione all’opera, ci suggerisce che “Per intraprendere questi dipinti non guasta l’apporto della fede” e continua “Sappiamo che la fede cristiana non si esprime solo attraverso la via della verità, ma anche attraverso la via della bellezza: per sperimentare quella ci vuole raziocinio e meditazione, per assaporare questa ci vuole gusto e contemplazione. Su quella via solo pochi hanno la fortuna di incamminarsi, su questa invece tutti possiamo avventurarci: abbiamo solo bisogno di pace interiore e di un po’ di silenzio”. L’Arcivescovo conclude augurando a Omacini la possibilità di compiere altre imprese simili soprattutto per dare un’adeguata espressione artistica alla sua cultura e alla sua fede.
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