IL PUNTO SU PAPA FRANCESCO
Quanto è credibile l’Annuncio Cristiano?
Editoriale di Davide Ghezzo – 29 Dicembre 2013
In chiusura del primo anno solare del pontificato di Francesco, appare lecito trarre un primo bilancio del suo lavoro, e chiedersi “quali sfide si pongono come ineludibili per il prosieguo del suo impegno sul soglio di Pietro?”.
La prima osservazione che si impone a chi osserva questi primi nove-dieci mesi del pontificato di Bergoglio, è che il nuovo Vescovo di Roma – come lui stesso ama chiamarsi – ha rinnovato e riplasmato l’immagine della Chiesa cattolica in tutto il mondo. Con i suoi viaggi in terre di confine, come Lampedusa, o in realtà caotiche e multireligiose come il Brasile delle favelas, ma anche coi costanti richiami contenuti nelle udienze e nelle omelie, Papa Francesco è stato capace di rilanciare il messaggio che sta all’inizio e al centro della millenaria storia del cattolicesimo, ovvero la parole e l’azione di Gesù Cristo, quali ci vengono riportati nei testi evangelici.
L’uomo venuto dalla fine del mondo ha fatto capire, con la chiarezza delle parole e la solarità dei sorrisi, che non ci sono esclusi o emarginati rispetto al messaggio, che tutti gli uomini, fino al criminale più incallito, sono ben accolti nella casa di Dio. Quel Dio che non si stanca di perdonare, di abbracciare e coinvolgere l’uomo purché, è chiaro, questi dimostri un minimo di disponibilità, di ricettività alla parola e all’esempio di Cristo, e dei suoi seguaci più luminosi – l’ultimo dei quali siede attualmente sul soglio pontificio.
Come ha osservato l’esperto vaticanista Giuseppe Rusconi, la sfida del 2014, e non solo, è per il Papa quella di allargare il consenso, un consenso che non riguardi però soltanto la simpatia umana per una figura certo carismatica e coinvolgente, un argentino di forte passione spirituale, ma i contenuti specifici della fede e della dottrina.
La pressione mediatica e intellettuale che viene posta sulle spalle di Bergoglio è enorme. Da un lato vi sono i tradizionalisti, scontenti di un apertura popolare giudicata eccessiva; dall’altro agnostici e atei incalliti e battaglieri, capaci di crociate moderne e di uno zelo missionario degno di miglior causa (esistono, per esempio, ‘anticatechismi’ che vengono consigliati alle scuole…).
Di fronte a queste e consimili posizioni, poco concilianti e disposte a cedere su qualche punto, il Papa naviga a vista, avendo però un punto di riferimento che gli altri si sognano: il dettato evangelico. E’ sotto quella parola, più che sotto qualsivoglia modello politico o filosofico o artistico, che è possibile una qualche riunione degli uomini.
Parlando ai giovani della comunità di Taizé, la benemerita struttura francese – aperta ai giovani di tutti i Paesi – di apostolato e carità cattolica, Francesco ha ribadito l’importanza del loro esempio di fede e coraggio, in un momento in cui l’Europa vede messo a rischio il progetto di unione, non solo monetaria, concepito in pratica subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. L’unione, la coesione del gruppo di Taizé può indicare ai popoli europei la via del rilancio di un percorso comune, quello che oggi appare così fragile e incerto.
Lo stesso discorso vale per l’unione delle chiese e confessioni cristiane. «La credibilità dell’annuncio cristiano – si legge nell’esortazione apostolica ‘Evangelii Gaudium’ – sarà più grande se i cristiani superano le loro divisioni». Certo il compito è difficile, molti fattori storici e antropologici remano contro; ma la forza di Papa Francesco, la sua energia interiore, ci permettono di sperare in importanti novità negli anni a venire, all’interno del variegato panorama religioso e spirituale in cui è articolato il mondo degli uomini.