IL PUNTO SU PAPA FRANCESCO

Liberi per il bene

Editoriale di Davide Ghezzo – 7 luglio 2013

Con la parola e con l’esempio, il Papa detta non solo le regole della nostra condotta, ma anche, anzi preliminarmente, i parametri di una definizione dell’uomo, riunendo elementi che generazioni di studiosi e artisti faticosamente costruiscono. Ciò che psicologi, romanzieri, biologi, filosofi elaborano nel lavoro di una vita, Papa Francesco ce lo mette sotto il naso con una battuta, un gesto – un’assenza.

Negli eventi e negli interventi di questi ultimi giorni, egli ci presenta l’uomo come creatura autonoma e indipendente da qualsivoglia fattore condizionante – fatte salve le leggi della natura e del cosmo, che dettano i limiti della vita umana. L’uomo capace di autodeterminarsi e di autoregolarsi, di fare e disfare, di costruire la sua vita nel successo e nella gioia così come di mandarla in malora nell’abiezione. Non siamo, insomma, marionette senza fili, scrutate dall’alto da un burattinaio supercilioso, pronto a colpirci come biglie per farci urtare coi nostri simili. Se l’uomo a volte appare come un burattino, è perché si è posto da solo in balia di forze e valori che spesso oscurano la sua natura spirituale, in specie l’insidiosa triade: denaro, sesso, potere. Componenti della vita umana in sé utili e buone, ma da maneggiare con cautela.

La libertà dell’uomo, insomma, si esplica pienamente là dove si creano le condizioni per un’azione retta, intimamente costruttiva, volta alla salute e non alla degenerazione della specie. Il luogo in questione ci è ricordato da san Paolo: “La vera libertà si trova dove soffia lo Spirito di Dio”. Sotto l’egida della Grazia, otteniamo il meglio per la nostra vita: ci piovono sul capo anche quelle soddisfazioni materiali che ricerchiamo avidamente, ma con la clausola di orientarle al bene morale, a nuovi orizzonti e obiettivi in cui coinvolgere gli altri, chi ci vive a fianco nei luoghi reali e perché no virtuali della nostra esistenza.

Papa Francesco eredita il pensiero del più mite e timido Benedetto XVI, di cui pubblica con qualche integrazione, in questi giorni, l’enciclica “Lumen fidei”. Del suo predecessore, Bergoglio sottolinea la coraggiosa rinuncia al ministero petrino: gesto di grande libertà, nella rottura di schemi consolidati da secoli. “Dio mi chiama sul monte”, ha affermato Ratzinger prima di ritirarsi. Il ritiro in clausura diventa la forma migliore di servizio, l’impegno alla preghiera e alla contemplazione laddove l’attività pubblica era divenuta troppo gravosa per l’uomo ormai anziano. Libertà, assoluta e per il bene.

Ma Bergoglio non si limita alle parole, alle belle prediche con cui incantare gli ascoltatori di tutto il pianeta; agisce con assoluta coerenza alla novità che sta portando. Al concerto in suo onore, come un ben più prosaico Nanni Moretti, si fa notare per la sua assenza, in quello che è stato definito uno schiaffo alla Curia. In effetti il gesto ha spiazzato tutti, cardinali, politici e autorità assortite, ma il Papa ha ricordato, scusandosi ma neanche troppo, che ha qualcosa di più importante da fare: c’è da mettere mano alla riforma complessiva del Vaticano, un’impresa poderosa e complessa che richiede concentrazione e tempi lunghi, lasciando ben poco spazio ad eventi mondani come un concerto, per quanto mirabilmente eseguito.

Insomma, prima si lavora, ci insegna il Papa, per la riconversione morale, a lavare il peccato che si insinua ovunque, in forma di abusi di potere, corruzione, scandali sessuali, anche nei luoghi inizialmente insospettabili interni alla Chiesa stessa; poi ci sarà posto per l’estetica, per le bellezze artistiche e la raffinata austerità dei cerimoniali. Ma anche su questi ultimi è pronta una bella sforbiciata.