IL PUNTO SU PAPA FRANCESCO

Aprire La Mente Al Cuore

Editoriale di Davide Ghezzo – 20 ottobre 2013

Nella parabola esistenziale dell’uomo, c’è un tempo per ogni cosa. Se la vecchiaia è il momento dei bilanci e della visione complessiva sulla vita, che possiamo definire come ‘saggezza’, l’età matura, intermedia, se non a volte addirittura quella giovanile è il luogo delle idee immediate, delle intuizioni folgoranti, che andranno poi rielaborate e sistemate in anni successivi di riflessione e studio.

Così Jorge Bergoglio, una volta salito al soglio pontificio, esercita sì il suo magistero attimo per attimo, secondo l’ispirazione e l’orgoglioso scatto del momento, ma non rinnega certo il travaglio intellettuale e fideistico dei decenni precedenti. In un libro dall’illuminante titolo “Aprite la mente al vostro cuore”, appena edito da Rizzoli, il papa raccoglie quattro meditazioni scritte molti anni fa, durante svariati ritiri spirituali in Argentina. Sono testi che contengono un ventaglio di idee e riflessioni riguardanti l’esperienza della fede, confrontata in particolare con quello strumento prettamente umano che è la ragione. Scrive padre Bergoglio: “Dio non ha creato la ragione affinché si costituisse come giudice supremo di tutte le cose; è una luce prestata, un riflesso… è soltanto una scintilla per illuminare la nostra fede.” Quest’ultima, invece, va richiesta direttamente a Dio, mediante la preghiera.

La fede vera, pertanto, è quella della persona umile, capace di inginocchiarsi davanti al mistero; è a quel modello che l’uomo più colto deve guardare, giacché se puntiamo invece a una fede ‘razionale’, finiremo per avere in mano uno strumento vuoto, privo di pietà, mosso da ideologie culturali (come il teismo della filosofia illuminista, che fantasticava di un Dio creatore di tutto all’inizio, e in seguito completamente disinteressato alle sue creazioni).

Sulla base di questa sostanziale prevalenza del cuore rispetto alla ragione, ottiene risoluzione – come leggiamo in altre pagine di questo stesso, prezioso volume – un’altra dicotomia che lacera l’uomo del XXI secolo, ovvero la contrapposizione tra tristezza e speranza/gioia.

La tristezza, afferma con bruciante aforismo papa Francesco, è la ‘magia del diavolo‘. Se noi non teniamo aperta la linea di comunicazione che lascia affluire in noi la grazia dello Spirito Santo, allora il Maligno ha buon gioco nel diffondere il freddo e la tenebra nel nostro cuore, mediante lo strumento privilegiato della tristezza. A proposito Bergoglio richiama il predecessore Paolo VI che, nella Gaudete in Domino del 1975, esortava alla gioia e all’ottimismo, segni distintivi del cristiano.

Laddove l’uomo non si apre a questi sentimenti positivi, se non riesce a cogliere, francescanamente, la bellezza e la bontà del creato, allora si predispone al peccato più grave, quello contro la speranza. E l’uomo privo di speranza, l’uomo dal cuore indurito, è anche quello che diviene preda più facile delle tentazioni negative, della radicalità del male. Papa Francesco – all’epoca della stesura di queste meditazioni, semplicemente padre Bergoglio – afferma che “chi inizia senza fiducia ha già perso metà della lotta”.

E’ implicito dunque il concetto di una fede combattiva, e una tale fede non può derivare – ecco un chiodo su cui il Papa ribatte – se non da un cuore e da una mente umili. Questi ultimi sono la vera espressione del trionfo spirituale, giacché capaci, in linea generale, di portare la croce, ovvero condurre all’estremo il proprio sforzo e impegno di testimonianza cristiana.

Se non riusciamo ad apprendere questa virtù, quella degli ultimi che saranno i primi, approdiamo a un cristianesimo tiepido, ‘razionale’, che può forse farci fare una discreta figura in un salotto mondano, ma non ci porta molto avanti nella strada dell’evoluzione interiore e spirituale.