IL NOME DI DIO È MISERICORDIA
Andrea Tornielli presenta il libro intervista con Papa Francesco nel Duomo di San Ciriaco ad Ancona
Benedetta Grendene 20.07.2016
Ancona – Il duomo di San Ciriaco, cattedrale di straordinaria bellezza dove lo stile romanico si fonde in perfetta armonia con quello bizantino, ha accolto nella serata di lunedì 18 luglio Andrea Tornielli, vaticanista de La Stampa e coordinatore del sito web Vatican Insider, dedicato all’informazione sul Vaticano e sulla Chiesa cattolica nel mondo.
Tornielli ha donato riflessioni preziose a partire dal suo ultimo lavoro, il libro intervista con Papa Francesco dal titolo “Il nome di Dio è Misericordia” pubblicato con lancio mondiale in 86 paesi. Un pubblico numeroso e attento ha assistito all’incontro, proposto dal centro culturale Miguel Mañara e moderato dalla dott.ssa Carla Silenzi, responsabile del movimento di Comunione e Liberazione ad Ancona, la quale ha coinvolto gli intervenuti citando subito “I due orfani”, poesia molto profonda di Giovanni Pascoli in cui due fratelli, di fronte alla realtà dolorosa della morte della loro mamma, allorquando nulla più li conforta se non la solitudine nella notte oscura, così si consolano: «Noi siamo ora più buoni… »«ora che non c’è più chi si compiace di noi… » «che non c’è più chi ci perdoni».
La struttura dialogica del testo “Il nome di Dio è Misericordia” aiuta il lettore ad entrare subito in rapporto con il pontifex Franciscus, vero costruttore di ponti che, con un abbraccio autentico e struggente verso l’umanità ferita, si fa testimone di un messaggio di misericordia e di tenerezza. Le ragioni di un Anno Santo che Bergoglio esplicita nella Misericordiae Vultus, bolla di indizione del Giubileo, nascono dal desiderio di un “tempo favorevole per la Chiesa, perché renda più forte ed efficace la testimonianza dei credenti.” La misericordia, segno della Grazia di Dio sull’uomo, è centrale non solo nella pratica pastorale di Papa Francesco, ma anche nella missione apostolica del Papa emerito Benedetto XVI e prima ancora in San Giovanni Paolo II. C’è un sottile fil rouge che lega questi ultimi tre pontificati in cui si parla di misericordia come unica e vera risposta alla potenza del male: solo dove c’è misericordia finiscono la crudeltà, l’odio, la violenza e il terrorismo non ha l’ultima parola sulla vita dell’uomo. In questo mondo minacciato da una “terza guerra mondiale a pezzi” e governato da regole che hanno posto al centro l’“idolatria del denaro” c’è davvero bisogno di un “oceano di misericordia che inondi il fiume di miseria”, ricordando le parole di Papa Francesco.
La misericordia deve essere un habitus che investe ogni ambito della nostra vita familiare, sociale, politica, economica, internazionale, certi che “non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza perdono” come affermava San Giovanni Paolo II, autore dell’Enciclica Dives in Misericordia pubblicata nel 1980 sul tema della misericordia divina. In una società liquida e secolarizzata dominata da quell’anestesia del cuore che ci fa vivere senza la consapevolezza che l’altro sia un bene per noi è urgente annunciare il Vangelo a tutti, proprio come Gesù che attirava a sè una folla di pubblicani e di peccatori. Ma chiediamoci: oggi la comunità cristiana attira i peccatori come faceva il Maestro? Lasciamoci interrogare e interpellare dalla realtà e facciamo nostri gli insegnamenti del Vangelo: c’è bisogno di cristiani che ascoltino, che poggino la loro guancia sulla guancia di chi soffre, c’è bisogno di vicinanza, di prossimità. Tornielli ha tratteggiato simbolicamente delle icone, a partire da alcuni brani del Vangelo come la parabola della pecora smarrita che testimonia un Dio che ha compassione e lascia nel deserto le novantanove pecore per cercare e attrarre a sé anche la centesima: “ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.” Dio perdona non con un decreto, ma con una carezza, con una sovrabbondanza di misericordia come accade nell’episodio dell’adultera, condotta dagli scribi e dai farisei al cospetto di Gesù: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”. Anche l’incontro tra Gesù e il ricco pubblicano Zaccheo è emblematico per la modalità di rapporto che si instaura tra il Maestro e colui che sta alla finestra scegliendo come direbbe Papa Bergoglio di balconear, con un atteggiamento di pura curiosità, guardando senza essere visto. Ma la chiamata è concreta: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”. Gesù entra a casa di un peccatore che si converte con le parole “Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto”: è dunque nell’incontro con la misericordia che ci si scopre per ciò che si è, ovvero esseri miseri, finiti, piccoli ma molto amati da un Padre che ci ha creato. Significativa la parabola del figlio prodigo raccontata nel Vangelo secondo Luca in cui un padre che aveva due figli aspetta e accoglie facendo festa quel figlio che ha dilapidato metà delle sue sostanze: la misericordia è una caratteristica divina che sembrerebbe a volte anche ingiusta, come agli occhi del fratello e del figlio retto, rispetto al figlio perso e poi ritrovato. Siamo davanti ad un Dio che non resta indifferente al misero, ma si commuove in modo viscerale e ci mostra una modalità nuova di guardare la realtà che non è quella di vivere con distacco, ma di tuffarci nella vita come ha fatto Gesù, che sempre prova nel cuore tenerezza e compassione. Gesù quando si avvicina al lebbroso scopre in lui un nuovo orizzonte, uno sguardo che ama: per Lui ciò che davvero conta è toccare chi è lontano e chi è solo. Il cristiano è allora colui che vive non da spettatore ma da protagonista e si lascia ferire dalla realtà, dalle situazioni e dagli incontri. C’è una pagina molto bella tratta dal romanzo “Tutta la gloria nel profondo” di Bruce Marshall che Andrea Tornielli cita e che descrive l’insegnamento lasciato a un sacerdote scozzese dalla madre scomparsa: “Ricordati sempre che dentro l’anima degli altri non ci puoi guardare, ma dentro la tua sì; e che, quindi, per quanto è dato a te di sapere con certezza, non c’è al mondo creatura più cattiva e più ingrata al Signore di te”.
Dio è sempre lì, pronto a tutto pur di risollevarci, se solo noi con umiltà riconosciamo la profondità sterminata del nostro bisogno e lasciamo aperto uno spiraglio per far entrare la carezza di un Dio fedele per l’eternità che nos primerea, ci precede e ci attende sempre. E’ importante nel cammino della nostra vita avere davanti agli occhi dei testimoni da seguire: l’umanità, la vicinanza, la prossimità di un Papa come Franciscus venuto quasi dalla fine del mondo, dalle periferie fisiche ed esistenziali, siano dunque una luce di speranza. Durante il viaggio apostolico del febbraio scorso in Messico, in occasione dell’incontro con i vescovi sono molto toccanti le parole di Papa Francesco: “La Vergine Morenita ci insegna che l’unica forza capace di conquistare il cuore degli uomini è la tenerezza di Dio. Ciò che incanta e attrae, ciò che piega e vince, ciò che apre e scioglie dalle catene non è la forza degli strumenti o la durezza della legge, bensì la debolezza onnipotente dell’amore divino, che è la forza irresistibile della sua dolcezza e la promessa irreversibile della sua misericordia.”
Il vaticanista Andrea Tornielli ha conosciuto Papa Bergoglio molti anni fa, prima ancora che salisse al soglio di Pietro, e confessa che durante la stesura del libro “Il nome di Dio è Misericordia”, nel dialogo intimo e personale con il pontefice, il racconto che più lo ha colpito risale al periodo in cui era rettore al Collegio Massimo dei Gesuiti e parroco in Argentina e una giovane donna abbandonata dal marito per sfamare i figli, lavorando saltuariamente, in alcuni periodi si prostituiva. Un giorno questa donna, a cui in occasione delle festività natalizie la caritas donava un pacco con qualche genere alimentare, chiese di incontrare l’allora parroco Bergoglio per ringraziarlo di una cosa in particolare: non aveva mai smesso di chiamarla “signora” e mai aveva sminuito la sua dignità di persona. Ecco che allora un cristiano, se è autentico quando parla, qualsiasi cosa dica, deve sempre dire la verità, facendo sentire tutti i fratelli e tutte le sorelle che incontra unici e degni: si annuncia il Vangelo continuando a chiamare “signora” quella donna che ha peccato, perché il segreto del cristianesimo è accogliere e lasciare agire il Mistero nella nostra vita e in quella del nostro prossimo. Un’immagine molto cara all’ecclesiologia dei Padri è il Mysterium Lunae, molto amata anche da Papa Francesco che riconosce nella luna il simbolo della Chiesa, la quale nel suo ciclo calante e crescente, riceve luce e vita dal sole, che è Cristo e da Lui diffonde la luce in tutto il mondo, illuminando le tenebre di questo secolo.
Accompagnando Papa Francesco durante la sua recente visita a Lesbo, isola invasa dai migranti, Tornielli ha ricordato come il protocollo su cui saremo valutati è ancora una volta il Vangelo: “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato…” Come può un cristiano non aprirsi di fronte alla realtà e all’emergenza che stiamo vivendo se davvero professa di amare il suo Dio, che a sua volta è stato migrante e rifugiato in Egitto e ha avuto salva la vita solo perché ha trovato asilo e misericordia in un Paese che lo ha accolto? Come si può non vedere nel volto dei profughi il volto di Gesù e della sua famiglia? Non dimentichiamoci mai che siamo tutti creature amate da Dio che ci chiama a vivere non una cultura dello scarto, ma della solidarietà. Con questi interrogativi Tornielli si è congedato, dopo aver ascoltato l’intervento conclusivo di Don Giuliano Nava, che ha portato i saluti del Cardinale Menichelli e ha ricordato che la misericordia è Dio che entra nella storia e fa nascere l’inedito che nessuno si aspetta perdonando anche il peccatore perché, citando San Giovanni della Croce “alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore”.