GIOVANNI GIUDICI: UN POETA OLIVETTIANO?

Si chiama fuori dal gruppo degli intellettuali olivettiani

GENNAIO 2001

EMANUELA BOBBIO

Il 15 febbraio 1956 arriva alla stazione di Ivrea un poeta poco più che trentenne, proveniente da Roma: si chiama Giovanni Giudici e Adriano Olivetti lo ha appena assunto come impiegato nella biblioteca aziendale, per lavorare a fianco di Luciano Codignola. Si tratta del primo atto di una collaborazione tra l’intellettuale e l’azienda che durerà quasi ininterrottamente fino al 1980.

Gli incarichi del poeta in azienda sono i più vari: Giudici collabora all’allestimento di mostre per il Centro Culturale Canavesano, è redattore di “Comunità di Fabbrica”, giornale del sindacato interno Olivetti, scrive su “Comunità” e su “Notizie Olivetti”. Ma soprattutto, dal 1958, è copywriter presso la Direzione Pubblicità e Stampa diretta da Riccardo Musatti, a Milano, a fianco di Franco Fortini, Ettore Sottsass e Marcello Nizzoli. Sono opera sua i testi per la famosa campagna pubblicitaria per la macchina da scrivere Valentine, nel 1969. Suo è anche il nome della fatturatrice elettronica Mercator.

Alla luce della lunga esperienza nelle fila dell’azienda, Giudici può essere considerato un intellettuale “olivettiano” alla stregua di tutti quegli scrittori che, negli anni cinquanta del Novecento, arrivano a Ivrea per lavorare alla Olivetti e condividere l’utopia di Adriano?

Giudici parla molto chiaro: non vuole essere considerato un “olivettiano”, in quanto la sua presenza in azienda è dovuta esclusivamente a necessità pratiche, e dalla volontà di partecipare al progetto politico utopico di Adriano Olivetti.
Arrivando a Ivrea, Giudici resta ai margini della vita culturale eporediese. Le ragioni sono tante. Giudici avverte con disagio la propria posizione di giovane uomo di cultura, non ancora affermato (ha pubblicato due libri di versi, passati quasi inosservati), dotato di una formazione tradizionale, in un ambiente dove si incontravano intellettuali all’avanguardia a livello internazionale.

Non si tratta però solo di disagio: Adriano Olivetti assume in fabbrica scrittori, psicologi, sociologi a cui concede ampia libertà in cambio di salari molto alti. Gli uomini di cultura che circondano Adriano Olivetti, secondo Giudici, sembrano approfittare di questa situazione, dando una adesione di comodo alle idee di Adriano Olivetti, oppure prendendo posizioni polemiche restando però all’interno dell’azienda. Gli intellettuali olivettiani sembrano a Giudici vivere in una sorta di esilio, al di fuori dei veri problemi della società. Anche nei confronti di Adriano Olivetti, Giudici non si sbilancia troppo: se si sente vicino alle aspirazioni religiose utopistiche di Adriano, non condivide però la linea politica, e infatti non aderirà mai al Movimento Comunità.

Giudici si chiama fuori dal gruppo degli intellettuali olivettiani, ma questa posizione non gli impedisce di riconoscere la grande importanza, per la sua crescita, dell’ambiente culturale eporediese. Giudici soggiorna a Ivrea per poco più di due anni, dal 1956 alla fine del 1957, ma in questo periodo pone le basi per una riflessione sul proprio ruolo di intellettuale nella società e per maturare una poetica più personale, che darà le sue prove nei primissimi anni sessanta.

Giovanni Giudici è nato a Le Grazie, in provincia di La Spezia, nel 1924. Ora vive con la moglie a La Serra di Lerici (SP). Le sue prime raccolte di versi risalgono agli anni cinquanta, con Fiorì d’improvviso (1953), La stazione di Pisa (1955) e L’intelligenza col nemico (1957). Il libro che segna il riconoscimento poetico di Giudici è La vita in versi (1965). Tra le successive raccolte di Giudici ricordiamo Autobiologia (1969), O beatrice (1972), Il male dei creditori (1977), Il ristorante dei morti (1981), Lume dei tuoi misteri (1984); Salutz (1986), Prove del teatro (1989), Fortezza (1990), Quanto spera di campare Giovanni (1993), Empie stelle (1996), Eresia della sera (1999). Tutta la produzione poetica di Giudici, edita e inedita, è raccolta nel volume I versi della vita, pubblicato da Mondadori, collana “I Meridiani”, nel novembre 2000.