ENNIO MORLOTTI. IL SENTIMENTO DELL’ORGANICO
L’artista lecchese del secondo postmoderno esalta la materia
DICEMBRE 2002
AOSTA – Giovedì 12 dicembre 2002, nell’ambito del progetto Valle d’AostArte, si inaugura al Centro Saint-Bénin di Aosta una mostra antologica dell’opera di Ennio Morlotti, a dieci anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 15 dicembre 1992. Con questa esposizione che proseguirà fino al 9 marzo 2003, la città di Aosta vuole rendere omaggio alla personalità e all’opera di una delle voci più significative della vicenda pittorica italiana del secondo Novecento.
L’esposizione, curata da Donatella Biasin, Gianfranco Bruno e Pier Giovanni Castagnoli, presenta 60 dipinti, soffermandosi in particolare sul periodo centrale della produzione, corrispondente alla seconda metà degli anni cinquanta, evidenziando un consistente nucleo di opere che documentano il risultato raggiunto dall’artista nella definizione di una complessa architettura del gesto e nell’espressione di un profondo sentimento dell’organico attraverso l’esaltazione della materia.
A testimonianza dell’ultima fase della sua attività rimangono la serie Rocce – pietrificazioni fossili di colore – e il ciclo delle Bagnanti, motivo assai frequente nella sua opera, dove le figure umane, sommariamente definite eppure maestose, irradiano la loro carnalità fondendosi con lo spazio.
Nato a Lecco, nel 1910, e studente dell’Accademia di Firenze (1936-37) e all’Accademia di Brera (1939-41) dopo un viaggio a Parigi, Morlotti è dapprima attratto nella cerchia di Corrente, per cui tiene la sua prima personale nel 1943, per farsi poi promotore delle radicali istanze di rinnovamento del linguaggio artistico del Fronte nuovo delle arti e del Gruppo degli Otto.
Se i primi paesaggi nei dintorni di Lecco (1938-40) rivelano un’ascendenza morandiana e le Figure degli anni ’40 risultano debitrici degli schemi geometrizzanti del cubismo picassiano, la ricerca successiva di Morlotti si va progressivamente configurando come un’indagine sul «mutuo, scambievole appartenersi dell’uomo e della natura» – come afferma Fabrizio D’Amico – attraverso la celebrazione della materia nella sua fisicità, nel solco delle tendenze più aggiornate dell’Informale europeo. Come spiega l’artista, il rapporto con il paesaggio e la natura, elemento fondamentale della sua pittura, «non è un rapporto veristico, ma piuttosto legato alla radice dell’essere, alle sorgenti invisibili del sentimento, un moto costante dal visibile all’invisibile, dal noto all’ignoto, una presenza segreta e nascosta che presuppone stadi precedenti” e che ha fatto parlare Giovanni Testori di “naturalismo di partecipazione».
Per info: tel. 0165 27 59 02; e-mail: www.regione.vda.it,