DIVERGENT: PRIMO CAPITOLO DI UNA NUOVA TRIOLOGIA “YOUNG”
Elementi già sfruttati ma dai risvolti “divergenti”
FABIO TERRANOVA, 03.02.2014
TORINO – Ha già fatto discutere di sé quando ancora mancavano mesi dalla sua uscita nelle sale cinematografiche. Sarà forse per il repentino successo che il libro da cui è tratto ha avuto già alla prima settimana dalla pubblicazione, ritrovandosi tra i primi 8 nella classifica mondiale; tanto che ancor prima di essere presentato al pubblico erano già stati venduti i diritti di sfruttamento cinematografico. Presentato alla Premier di Londra Divergent, adattamento cinematografico del primo capitolo della trilogia letteraria di Veronica Roth, ha avuto un successo esplosivo: 100 milioni di dollari incassati in patria solo nei primi 10 giorni di programmazione, che compensano gli 85 spesi per produrlo. Un trionfo dovuto anche all’ottimo lavoro del regista, Neil Burger, reduce da Limitless, dove già aveva mostrato le proprie grandi capacità. In Divergent Burger propone una storia ampia e articolata che verrà suddivisa in 3 film (seguendo la trilogia letteraria della Roth).
La protagonista di questa trilogia sarà Shailene Woodley già apprezzata in Paradiso amaro di Payne e nel televisivo La vita segreta di una teenager americana. Shailene, 22 anni, nel ruolo della 16enne Beatrice Prior promette di essere pienamente all’altezza dell’impegnativa parte assegnatalein questo primo episodio. Suo co-protagonista è Quattro interpretato dal non meno valente Theo James, già visto nel ruolo di Jed Harper nella serie televisiva I fantasmi di Bedlam (Bedlam). Ad aggiungere ulteriore prestigio alla pellicola è il ruolo femminile principale, la formidabile Kate Winslet che impersona Jeanine Matthews, elegante e seducente simbolo del male.
È grazie a questo cast che Divergent- uscito il 21 marzo 2014 negli USA e distribuito in Italia dalla Eagle Pictures il 03 aprile 2014 – si è assicurato il favore di gran parte del pubblico giovanile – ma non solo. D’altro canto, però, là dove si verifica un grande successo stanno in agguato i giudizi più severi. La critica ha accusato duramente, per esempio,la presunta spigolosità dei personaggi, definiti “meccanici” e “privi di vere sfaccettature umane”. Fatto che in realtà non dovrebbe poi sorprendere in un’ambientazione distopico-dittatoriale in cui gli individui, se vogliono sopravvivere, non possono sbilanciarsi più di tanto nell’espressione del proprio carattere e pensiero. Vi è poi il rimescolamento nei 140 minuti del film di elementi topici e come tali pressoché scontati: una vita tranquilla che viene improvvisamente sconvolta, un mondo differente a quello di appartenenza, la battaglia adolescenziale contro le consuetudini, l’amore contrastato e nascosto o ancora il passaggio dall’adolescenza alla vita adulta. Ma l’elemento che più di ogni altro salta all’occhio sin dalle prime immagini è la sorprendente somiglianza conun’altra pellicola dalla quale Burger ha visibilmente attinto: Hunger Games. Il confronto è spontaneo a cominciare dal genere. Lo stile usato e l’atmosfera proposta sembrano usciti dal medesimo “manuale di fantascienza”. Entrambi propongono un futuro dominato da un potere dispotico, con tonalità poco dissimili. Entrambi hanno come protagonista una giovane e bella ragazza: là dove in Hunger Games Jennifer Lawrence è Katniss Everdeen, Shailene Woodley è in Divergent Beatrice Prior,soprannominata “Tris”
Con i medesimi ingredienti, però, si possono creare ricette molto diverse se sapientemente lavorati. Questo è decisamente il caso di Divergent: molti gli spunti intriganti ed originali. Neil Burger nel film così come Veronica Roth nel libro hanno in realtà il grande merito di essere riusciti a riproporre un cliché fantascientifico con grande attenzione agli aspetti sociologici e alla psicologia adolescenziale.
Così, in un futuro non troppo lontano e in una Chicago visibilmente segnata da un disastro bellico globale, la razza umana, per garantire la stabilità sociale viene divisa in 5 fazioni: Eruditi, Abneganti, Intrepidi, Candidi e Pacifici a seconda delle personali tendenze. Chi non appartiene a nessuna di queste resta emarginato dal contesto urbano in una fazione a parte: gli esclusi. La protagonista Beatrice Prior, 16enne di famiglia abnegante, durante il test attitudinale per stabilire la sua personale tendenza risulta una “Divergente”, una non collocabile: le sue personali attitudini coincidono con quelle di più fazioni. Cosciente delle pericolose conseguenze – i Divergenti sono difficilmente “gestibili” e quindi un pericolo alla stabilità sociale – Beatrice tiene nascosto il risultato.
In questo contesto s’incardinano cospirazioni, rovesciamenti di potere, e la proposta di una falsa democrazia. Non manca la classica ma non scontata storia d’amore. Sono questi ingredienti che vengono sapientemente uniti in una ricetta cinematografica dal risultato originale; a cominciare dalla protagonista Tris. In lei vi è il classico dilemma adolescenziale, ma qui riproposto in forma distopica: quale posto ci aspetta in una società il cui scopo principale sembra essere solo quello di controllarci?
In questo senso la futura società proposta nel film non è poi così lontana da quella odierna. La divisione delle persone in base alle attitudini ha il suo presupposto nell’individuazione dei target, ovvero categorie di persone/clienti verso cui indirizzare determinati prodotti. Divergent tocca proprio questo aspetto: per controllare e manipolare il popolo, i detentori del potere spingono ogni individuo ad appartenere ad un gruppo in cui possa illusoriamente identificarsi. Tutto questo si ripercuote nel passaggio dalla vita adolescenziale a quella adulta, ovvero alla fatidica scelta: a quale “target” appartenere? Nella storia questa scelta viene meno a favore di una profonda presa di coscienza: Ogni individuo è dotato di innumerevoli sfaccettature che lo rendono diverso da qualsiasi altro essere umano. La conclusione è semplice quanto verosimile: la possibilità di scegliere “liberamente” una fazione è solo un’illusione di libertà, una falsa democrazia. In una società che vede ogni forma di diversità come un pericolo, chi rifiuta di seguire le mode e le tendenze più tipiche rischia una sorta di esilio quotidiano; lo stesso avviene nel film: viene escluso chi non si attiene ad una precisa fazione perché non è consentito collocarsi fuori dagli schemi, pensare con la propria testa. Così Divergent rientra sì nel filone fantascientifico Young con la spettacolarizzazione delle scene e rappresentazioni suggestive di un ipotetico quanto plausibile futuro, ma impone comunque ad ogni spettatore di riflettere sulla sua personale condizione in un mondo in continuo mutamento.