DAL CARNEVALE A … GUARDATE GLI UCCELLI DEL CIELO
In questa meditazione vorrei partire dal carnevale, celebrato questa domenica a Ivrea, per arrivare, con la riflessione, al cuore del Vangelo appena letto. (Mt. 6,24-34)
Il nostro carnevale celebra, ormai da secoli, un rito liberatorio. 200 mila persone, tante sono attese negli otto giorni in città, danno forma alla loro voglia di vivere in libertà con una convivenza benevola, ricca di emozioni, che si esprime in rituali, alcuni storici, altri più recenti e altri ancora inventati per questa festa. Le varie liturgie carnevalesche, il bisogno di sentirsi liberi, di stare insieme con la piena del nostro sentire, il desiderio di contentezza; il tutto, qui a Ivrea, senza maschere, a viso aperto.
Dopo che due aranceri, uno sul carro e l’altro a piedi, si sono scontrati aspramente con il tiro delle arance, al termine dell’attacco, durato anche parecchi minuti, si avvicinano per stringersi la mano; quello sul carro alza la maschera per liberare un sorriso, il viso ancora grondante di succo d’arancia e quello a piedi contraccambia, passando la mano sulla fronte e sugli occhi per liberarsi dagli schizzi ancora freschi. La voglia di amicizia vince la voglia della lotta.
Perché tutto questo? Perché più forte della lotta e dello scontro in noi è il desiderio di convivere nel bene?
Per ubbidire alla felicità possibile, come in questi giorni a Ivrea, ci si affida all’altro, a chi ci sta vicino, e si prova a far prevalere la fiducia sulla solitudine, la paura, il disagio. In questi giorni sperimentiamo che siamo fatti bene e per il bene.
La nostra persona si sente libera quando è soddisfatta, quando a noi è dato benevolmente ciò di cui abbiamo bisogno, il pane, il lavoro, il riposo, la gioia di essere amati, l’affetto, la speranza di futuro. Noi siamo “esseri di bisogno” e fragili. La Bibbia ce lo dice con due parole: “siete creature”.
Il nostro bisogno di vita piena diventa bisogno di beni materiali, di ricchezza, di mammona, di quanto ci dà sicurezza. Bisogno irrinunciabile.
Purtroppo, poiché siamo uomini fragili sempre messi alla prova, il nostro desiderio e di conseguenza il nostro bisogno è assediato dalla tentazione egoistica dell’autosufficienza e di un “sempre di più” senza limiti. Desiderio e bisogno di ricchezza possono essere così stravolti in volontà di possesso e di dominio. Nel caso, la ricchezza diventa potere sovrano, che invece di soddisfare ci riduce in schiavitù.
Ne abbiamo esperienza in questi tempi. A livello mondiale il potere economico finanziario ha rivestito la casacca dell’idolo, a cui è dovuta obbedienza. Il mercato guadagna e il deserto invade le nostre anime.
Una domanda preme: come rimediare a questa possibile schiavitù e al deserto dell’anima? Di certo di beni materiali abbiamo bisogno.
Come misurare, controllare la ricchezza? Ricchezza che ancora per il nostro benessere, va condivisa.
Il Vangelo ci invita a fare esperienza di gratuità e di cura: guardate gli uccelli del cielo … guardate i gigli del campo.
L’aria di cui abbiamo assoluto bisogno è gratuita, ma di essa dobbiamo avere cura.
L’acqua assolutamente a noi necessaria, è gratuita, ma di essa dobbiamo avere cura.
L’essere amati nell’amicizia e nell’amore ci fanno vivere e sono beni gratuiti da custodire.
Dio si fida di noi, di noi figli suoi, liberi di decidere e di agire. Mai ci lascia mancare l’energia creativa che ci tiene desti alla vita e dà forza al nostro senso di responsabilità e di cura.
Ivrea, 26 febbraio 2017 – don Renzo