CATTOLICI ITALIANI TRA IRRILEVANZA E NUOVA PROGETTUALITÀ
Riflessione sul convegno delle Settimane Sociali in Calabria
NOVEMBRE 2010
LUCA ROLANDI*
A seguito della 46esima Settimana Sociale dei cattolici, svoltasi nell’anno corrente 2010 a Reggio Calabria è opportuno interrogarsi su un tema non più eludibile nella complessa realtà della politica italiana: «Esiste ancora una specificità cattolica da spendere nelle istituzioni laiche e democratiche oppure, come molti analisti e storici osservano da tempo, il ruolo dei cattolici laici è divenuto ormai irrilevante?».
Sono trascorsi quasi due decenni dalla dissoluzione della Democrazia cristiana, la conseguente diaspora dei cattolici italiani in politica e la fine del “primato” del cattolicesimo politico nel nostro paese. La “fine dell’unità politica dei cattolici”, iniziata molto prima del tramonto della Dc, nell’ambito di una “matura democrazia dell’alternanza”, nella quale i credenti e non – si collocano in entrambi i soggetti politici – è un dato storico di cui dovrebbero prendere atto anche i nostalgici del passato. Da allora, però, il cattolicesimo politico non è più riuscito a manifestare compiutamente capacità di rinnovamento, rilancio e analisi autocritica, in grado di ricreare il consenso perduto.
Spesso poco incline ad un confronto profondo con le altre tradizioni culturali in grado di arrivare ad una sfida programmatica condivisa e innovativa, il cattolicesimo politico è stato superato dalle posizioni della gerarchia cattolica, senza provare a stabilire un legame fruttuoso con ambienti, gruppi sociali, idee, diversi da quelli con cui era stato in contatto e a cui era abituato da sempre ad accostarsi.
Oltre la difesa dei “valori non negoziabili” sul mistero della vita, al cattolicesimo politico, rappresentato nei due poli, è mancata una proposta culturale attraverso la quale indicare prospettive, in campo economico e sociale ad un mondo più vasto della comunità dei credenti. Lo conferma l’attuale panorama politico in cui il cattolicesimo sociale, sia del centro sinistra che del centrodestra, sembra impegnato in un’operazione simile: «strumentalizzare il sentimento religioso popolare per provare a dare maggior forza alle oligarchie più che forza alle idee». Pensare di prevalere nello scontro politico grazie al sostegno clericale, intercettando fette di “voto cattolico”, è miopia lontana dalla realtà, il che sancirebbe la subalternità permanente della Repubblica che è istituzione laica.
Confermare la distinzione tra missione evangelizzatrice della Chiesa e l’opera dei laici cattolici chiamati a compiere il loro servizio con fede e razionalità, resta l’orizzonte ai quali i cattolici riuniti a Reggio Calabria dovrebbero ispirarsi. Essi peraltro sono convinti che, attraverso la forza della loro tradizione culturale, una delle componenti fondamentali dello Stato unitario, occorra oggi «rischiare di gettare la propria identità in una scommessa forte e innovativa per il futuro prossimo dell’intero Paese» e aprire una nuova fase costituente incentrata sulle grandi sfide dell’umanità oltre i confini nazionali. Il fallimento di questa prospettiva porterebbe a quell’irrilevanza tanto temuta dalla gerarchia e dagli stessi laici cattolici impegnati in politica.
* GIORNALISTA E RICERCATORE IN STORIA SOCIALE E RELIGIOSA