CATANIA TRA CULTURA E FOLKLORE
VALENTINA BARBAGALLO – 23.05.2013
CATANIA – Sicilia: sole e mare. Un connubio di parole inscindibile quando si pensa alla Trinacria. Un mix di colori, suoni e sensazioni vengono in mente a chi è già stato e a chi vorrebbe visitare l’isola, affascinato magari dal racconto di altri o dall’idea, che si forma nell’immaginario comune, forgiata dal folklore di una terra splendida.
Bagnata dallo Ionio, la città di Catania sorge sulla costa orientale dell’isola. Greci, Romani, Ostrogoti, Bizantini, Musulmani, Normanni, Svevi, Aragonesi e Borboni hanno posto il loro piede sulla città, conquistandola e allo stesso tempo arricchendola con monumenti visibili ancora oggi. Ma la città ha anche attraversato periodi difficili, dalle eruzioni vulcaniche (la più imponente del 1669) o ai terremoti (i più catastrofici che si ricordano quelli del 1169 e del 1693) che l’hanno parzialmente distrutta.
Monumenti
I maggiori resti attualmente visibili della Catania romana sono il Teatro Romano che risale al II secolo, l’Odeon, risalente al III secolo e i resti dell’Anfiteatro del II secolo, i cui resti sono visibili dal 1907 (anno in cui sono stati riportati alla luce) dall’ingresso di piazza Stesicoro, nel pieno centro della città. Dal 2008 molti di questi monumenti fanno parte del Parco archeologico greco-romano di Catania, istituito dalla Regione Siciliana.
Simbolo della città che svetta al centro di piazza Duomo di fronte alla Cattedrale di Sant’Agata è l’elefante, “u liotru” in siciliano, scolpito in pietra lavica probabilmente in epoca romana.
Del periodo normanno si possono ammirare le absidi della Cattedrale di Sant’Agata (il Duomo). Del periodo svevo è invece il famoso Castello Ursino, oggi sede del Museo civico.
Nel 1558 ebbe inizio la costruzione del Monastero dei Benedettini, oggi sede della Facoltà di Lettere e di Lingue.
Colate laviche e terremoti hanno più volte trasformato Catania ma i catanesi, profondamente attaccati alla terra d’origine, l’hanno sempre ricostruita sulle sue stesse macerie.
Il monumento più importante del periodo barocco è senza dubbio la Cattedrale di Sant’Agata, opera in stile barocco siciliano dell’architetto Gian Battista Vaccarini.
Il portone principale, in legno, è costituito da riquadri in cui sono scolpiti episodi che illustrano la vita e il martirio di sant’Agata. Il vasto e grandioso interno presenta una pianta a croce latina ed è ripartito in tre navate. Protetta da un’alta cancellata in ferro battuto c’è la maestosa cappella dedicata a sant’Agata. Altro esempio di architettura barocca, via dei Crociferi, è spesso definita la strada più bella della Catania settecentesca. Nel breve spazio di circa 200 metri sono presenti ben quattro chiese mentre in fondo alla via è ubicata Villa Cerami, sede della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Catania. Il barocco del centro storico è stato dichiarato dall’UNESCO Patrimonio dell’umanità.
Visitati i monumenti si può vivere la città attraverso uno dei posti più caratteristici della Catania popolare: il mercato del pesce della Pescheria sempre sfavillante di colori, voci e odori, tappa preferita dai turisti stranieri che possono immergersi in un’atmosfera quasi magica nel pieno centro della città. Il mercato sorge infatti dietro la Fontana dell’Amenano in piazza Duomo, punto in cui sgorga l’acqua del fiume che scorre sotto la città.
Tradizioni
La tradizione religiosa più importante è senza dubbio il culto di Sant’Agata. Secondo la leggenda, Agata nacque in una famiglia siciliana ricca e nobile, nell’anno 238 e si consacrò a Dio all’età 15 anni. Quando giunse a Catania il proconsole Quinziano s’invaghì della giovane e saputo della consacrazione, le ordinò di ripudiare la sua fede, con l’intento di far rispettare un editto che chiedeva ai cristiani di abiurare pubblicamente la loro fede.
Di fronte al rifiuto di Agata Quinziano avviò un processo convocandola al palazzo pretorio.
Inizialmente venne fustigata, sottoposta al violento strappo delle mammelle e al supplizio dei carboni ardenti. Il 5 febbraio 251 Agata morì nella sua cella.
I suoi resti mortali sono conservati nella Cattedrale a lei intitolata, in parte all’interno del prezioso busto d’argento ed in parte all’interno di reliquiari posti in un grande scrigno, anch’esso d’argento.
Il velo di sant’Agata è una delle reliquie conservate nella cattedrale di Catania nello scrigno d’argento. Una delle reliquie, il velo di Sant’Agata, di colore rosso, faceva parte del vestito con cui Agata si presentò al giudizio. Si narra che il velo fosse bianco ma divenne rosso al contatto col fuoco della brace. La cosa certa è che i catanesi l’hanno più volte portato in processione come rimedio per fermare la lava dell’Etna o i terremoti.
Infatti, appena un anno dopo la sua morte, nel 252, Catania è colpita da una grave eruzione. Quando alcuni paesi limitrofi erano già stati distrutti, il popolo portò in processione il velo della santa vicino la colata, che si arrestò dopo poco tempo. Era il 5 febbraio, la data del martirio della vergine catanese.
Nel 1169 Catania fu scossa da un terremoto che causò il crollo di una parte della Cattedrale e la morte di monaci e fedeli. Nei giorni seguenti altre scosse di terremoto e maremoto si abbatterono sulla città. La tradizione vuole che il terremoto sia cessato soltanto quando i cittadini portarono il velo nuovamente in processione.
Dal 3 al 5 febbraio, Catania dedica alla Santa una grande festa, misto di fede e di folklore. La Santa viene posta su un fercolo d’argento detto “Vara”, al quale sono legati due cordoni di oltre 100 metri a cui si aggrappano centinaia di “devoti”, che fino al 6 febbraio tirano il carro. Tutti sono vestiti con il sacco agatino: tunica bianca stretta da un cordone in vita, cuffia nera, fazzoletto e guanti bianchi. La Vara viene portata in processione insieme a dodici candelore (opere d’arte lignee di varie dimensioni portate a spalla) appartenenti alle corporazioni degli artigiani cittadini. Tutto avviene fra fiumi di folla che agitano fazzoletti bianchi e gridano: “Cittadini, cittadini, semu tutti devoti tutti?”.
I chioschi
Un’importante attrazione, tipica di Catania, è il chiosco delle bevande, dove vengono servite bibite dissetanti. Questi chioschi sono unici nel loro genere e non si trovano in nessun’altra città siciliana. I venditori sono collocati in particolari architetture quadrate o circolari, dalle cui aperture servono i clienti.
La bibita più celebre da gustare al chiosco è il seltz, classico limone e sale o altri ottenuti dalla miscela di vari sciroppi aromatizzati, come il tamarindo o il mandarino verde, con acqua molto frizzante.
Piatti tipici
Oltre ai classici arancini, croccanti palle di riso farcite in modo vario, molti altri sono i prodotti tipici della rosticceria catanese: la siciliana (sottile sfoglia di pasta fritta ripiena di tuma e acciughe), le crispelle salate (frittelle di pasta soffice, ripiene di ricotta fresca o acciughe) e le scacciate (pasta di pane farcita con tuma e acciughe o verdure).
Tra i dolci primeggiano senza dubbio i cannoli, fatti con una pasta friabile farcita con crema a base di ricotta e decorati con gocce di cioccolato, frutta candita o pistacchio tritato; o ancora la frutta martorana o pasta reale (a base di mandorle a forma di vari tipi di frutta), le paste di mandorla; i torroni e i torroncini.
Altro piatto forte, tipico della cucina catanese, è la carne di cavallo, servita in diverse varianti: dalla semplice fettina, alla polpetta, all’hamburger.
Vita in città
Catania ha un’intensa vita notturna, è stata infatti denominata la Milano del Sud. Una delle zone più rinomate è il centro storico dove si trova la maggior parte dei locali notturni.
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