BATTEZZATI, RADICATI NELLA BENEVOLENZA
Oggi ricordiamo Gesù battezzato e noi pure battezzati. Gesù nel Battesimo è dichiarato: “Il mio Figlio, l’amato” (Mc. 1,11) e noi pure siamo “figli amati”, cioè radicati nella Benevolenza. Il rito celebrato quando eravamo piccolissimi, è la certificazione di questa nostra realtà, di cui cercherò di delineare la fisionomia.
Il testo di Isaia (Is. 55, 1-11), VI sec. a.C., letto nella messa, ci aiuta ad individuarne i tratti. Così dice il Signore: “Stabilirò per voi un’alleanza, per voi radicati nella benevolenza. Venite all’acqua …, comprate e mangiate cibi abbondanti ed eccellenti. Oracolo del Signore: i miei pensieri non sono i vostri … La mia Parola cade su di voi come pioggia e neve e feconda la terra. cercate il Signore mentre si fa trovare. Vi ho costituiti testimoni tra i popoli”. Ascoltando oggi la voce del profeta siamo sollecitati a prendere coscienza di questa nostra identità e ricomporne la fisionomia.
Noi battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito siamo, dice Paolo l’apostolo, liberati dalla legge e dai precetti, perché l’unica dinamica del nostro stare nel mondo e del nostro agire è l’arte di amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come noi stessi.
E’ garantito: tutti viviamo sotto la pioggia della Parola di Dio che feconda il nostro decidere, il nostro fare, l’intera creazione. L’invito, a noi rivolto, è quello di cercare il Signore mentre si fa trovare. Tutto ci viene offerto come grazia e benevolo dono di vita; nulla è a noi imposto. A noi la sollecitazione di tutto accogliere con libertà. L’accoglienza libera configura la nostra dignità umana e pur anche la tragicità del dover decidere tra morte e vita. Il Creato che abitiamo è lo spartito della presenza di Dio e della sua voce. Lo Spirito attiva e alimenta il nostro decidere e il nostro poter fare: lo Spirito fa sempre sì che io faccia!
In questo contesto storico il nostro libero cercare Dio, nello spartito del creato, si configura come un incontro con le creature, segni-viventi della sua presenza, e con lui.
L’incontro ha in sé due posture: un “in-contra”, cioè uno star di fronte a noi faccia a faccia. Una seconda postura è un “andare verso”, con tutto il nostro corpo, anima, cuore, parola, gesto, per far sì che la sua Presenza ci segni. Lo Spirito di Dio ce lo fa incontrare, Dio, con tutto il nostro essere, e lo sommuove in tutte le sue dimensioni, come la pioggia feconda tutto il terreno.
Così permeati dall’ “incontro” il nostro essere, il nostro stare nel mondo, il nostro conversare e il nostro fare riverbera la benevolenza e la cura che Dio ha per tutto quanto ha creato e continuamente crea. Noi gli “amati e radicati nella Benevolenza”, nell’incontro e nell’abbraccio facciamo naturalmente trasparire grazia, cura e ben-essere. E ne siamo testimoni.
Un esempio di questa trasparenza è stata ed è per me la musica di Mozart. “Nella vita e sulla terra si succedono situazioni di diverso tipo, liete e tristi, gioiose e drammatiche, e Mozart le racconta tutte, come i suoi don Giovanni, le sue Serve padrone, con i suoi Papageni e le sue Papagene, ma sempre lasciando risuonare qualcosa della purezza della creazione, la percezione di una promessa di grazia. E’ questa vivezza, questa prodigiosa capacità di uscire dal convenzionale, dal prevedibile, che ha affascinato pensatori e teologi, tanto da far dire loro: qui siamo di fronte ad un «luogo» sicuramente religioso, certamente cristiano” (L. Frigerio, Inconews.it, Milano 4.2.2006)
Auguro a me e a voi che, nella nostra parola, nel gesto e nel fare, vibri la percezione di grazia e benevolenza.
don Renzo
Ivrea, 7 gennaio 2018