UNA TESTIMONIANZA DEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO PER NON DIMENTICARE
Marcello Martini sopravvissuto a Mathausen
APRILE 2004
GIANNI FERRARO
Organizzato dai prof. Claudio Savant e Gianni Broglio si è svolto nell’aula magna dell’Istituto Cena di Ivrea l’incontro degli studenti con il più giovane deportato politico di Mathausen, il dr. Marcello Martini. Una conferenza di alto valore storico per acquisire dal vivo la conoscenza di quei tristissimi luoghi di sofferenza fisica e morale, i campi di concentramento della Germania nazista, di cui Hitler ne fu l’artefice fin dal 1933 inaugurando il primo campo di Dakau a soli 50 giorni dalla sua salita al potere.
Spiega Martini: «Era mostruosamente efficace ed organizzata: dal 1933 al 1945 uccise quasi 12 milioni, di cui la metà ebrei e l’altra metà oppositori politici. Fame, freddo, lavoro fino allo stremo, camere a gas, percosse e brutalità di ogni genere riducevano le persone a vere larve umane pronte per il crematorio. La vita media nei lager KZ, riservati ai deportati razziali e politici, era accuratamente calcolata dai tre ai sei mesi! Nulla era lasciato al caso: precise tabelle indicavano quanti marchi doveva rendere un deportato prima di morire. Come schiavi affittati principalmente alle fabbriche di armi i prigionieri dovevano servire con le loro vite ad incrementare le casse della “grande Germania” fornendo anche con i loro cadaveri sostanziosi proventi: dall’oro delle protesi dentarie ai capelli delle donne utilizzati quale isolante nei sommergibili fino alle ossa polverizzate come concime, nulla veniva sprecato!».
Marcello Martini, sopravvissuto a Mathausen, fu proprio uno di questi prigionieri politici: nato a Prato nel 1930, catturato dai tedeschi il 9 giugno del 1944 alla giovanissima età di 14 anni fu internato nel tristemente noto campo di concentramento. Tra i pochi superstiti italiani (5mila su 40mila) che scamparono miracolosamente allo sterminio sistematico programmato dai nazisti racconta la sua terrificante esperienza catalizzando l’attenzione dei giovani studenti con il suo parlare ironico, spontaneo e gioviale, condito da sarcastico umorismo nel descrivere la bruciante cruda realtà.
«Sveglia alle 4 per il primo appello con un’abbondante colazione di aria fredda, una seconda conta di controllo dei prigionieri nel cortile in qualsiasi condizione atmosferica. Poi per sgranchirsi la lunga giornata di 12 ore nei luoghi di lavoro con un intervallo di 20 minuti a mezzogiorno per trangugiare un litro di brodo di rape. Alla sera nelle baracche un’abbondante razione (150 grammi) del saporitissimo pane, composto da una piccola parte di frumento con tanta segatura, e 24 grammi di margarina per non appesantire lo stomaco». Questo speciale soggiorno durò ben 12 mesi con la sola possibilità di un cambio di vestiti: finalmente la liberazione il 5 maggio 1945! Una storia i limite dell’impossibile, ma totalmente veritiera con la testimonianza incredibile, ma reale per non dimenticare la follia dell’uomo con gli autori e le cause di questo immane massacro.