UNA LEZIONE DI VITA ALLA FONDAZIONE CARLO DONAT-CATTIN

L’ importanza della comunicazione, indispensabile veicolo d’amore per la famiglia e per la salute della persona in quanto corpo, psiche ed anima

MAGGIO 2007

MIRELA NASTASIA

Questo particolare momento sociopolitico ha portato in primo piano la famiglia. Una riflessione sulla famiglia arriva anche da Torino dove, presso la FondazioneCarlo Donat-Cattin”, si è svolto giovedì 17 Maggio un seminario dal titolo Comunicazione e famiglia. Salute e spiritualità.

Organizzato dal giornalista Gianni Ferraro e introdotto dal prof. Walter Crivellin, direttore scientifico della fondazione, ha voluto dare voce simbolicamente all’Italia intera con gli interventi di monsignor  Giuseppe Anfossi, vescovo di Aosta e responsabile della Famiglia per la Conferenza Episcopale Italiana, del prof. Alfredo Anzani, clinico dell’Ospedale San Raffaele di Milano e vice presidente dei medici cattolici europei, dello psicologo e filosofo Pietro Grassi della Pontificia Università “Santa Croce” di Roma e del prof. Giuliano Caposio, presidente dell’Associazione Aiuto Giovani Malati di Torino.

altInevitabile un accenno al recente Family Day per il primo relatore, il vescovo di Aosta monsignor Giuseppe Anfossi. Quello che la manifestazione di Roma ha messo in luce è il fatto che le famiglie ci sono e sono tante, anche se “non fanno notizia”, anche se di quelle famiglie i media non parlano mai. La Chiesa è l’unica istituzione che prepara al matrimonio; attivando consultori e gruppi famiglia si occupa inoltre della spiritualità familiare e cerca di aiutare le famiglie in difficoltà. Ma «la Chiesa non è un’agenzia di morale», propone solo «un modo di stare al mondo».

Amarsi potrebbe non bastare, bisognerebbe aprirsi all’altro, comunicare i propri sentimenti, mettersi in discussione per far funzionare la coppia. Molto spesso il fallimento di un matrimonio deriva dall’indisponibilità dell’uomo ad entrare in un autentico dialogo con la propria donna.

Un altro tipo di dialogo, quello invocato dal prof. Alfredo Anzani, è il dialogo del medico con il paziente. La comunicazione è resa ancora più difficile dalla malattia che rompe l’equilibrio del nostro essere umano. Il grido disperato del paziente che non vuole morire, che si vuole aggrappare ad ogni possibile speranza implorando il medico: «Faccia qualcosa!». Il medico ha il dovere di curare il malato con tutti i metodi che la scienza mette a sua disposizione, ma ha anche il compito di comunicare una triste verità: «la natura non dà il biglietto per due per andarsene».

Trasformare un luogo di sofferenza in un luogo della speranza è la missione più difficile del medico. Giuseppe Moscati, un santo, insegnava ai medici questa duplice incombenza che grava su di loro: «l’obbligo di ricordare che i malati hanno un’anima da condurre a Dio» e «trovare il rimedio» per la malattia. L’unica salvezza sta nell’amore, l’amore di chi ci sta accanto, perché «“è l’altro che ci fa vivere». Perché l’uomo non è solo corpo, ma psiche e anima allo stesso tempo.

Giuliano Caposio, presidente dell’Associazione “Aiuto Giovani Malati” di Torino racconta invece la sua dolorosa esperienza di padre che vede morire il suo primogenito, ancora giovanissimo. Affrontare una malattia così terribile come il cancro è ancora più difficile quando la vittima ha solo vent’anni e tanti sogni da realizzare.

Trovare nella fede la forza di lottare assieme al figlio, di far sembrare normalità lo straordinario che si vive tutti i giorni e «sperare contro ogni speranza». Il coraggio di «essere vivo fino alla fine», il coraggio di inseguire le sue aspirazioni, diventare medico e sposare la sua amata sono i ricordi strazianti del padre che sa di non poter vincere questa battaglia. Ma la morte si può sconfiggere in tanti modi, e l’Associazione di volontariato “Aiuto Giovani Malati”, che porta il nome del figlio Luca, si propone proprio questo: far vivere il suo spirito dando amore, amicizia, carità a giovani come lui, che si trovano ad affrontare una malattia così terribile.

Pietro Grassi, docente alla Pontificia “Santa Croce” di Roma, parla invece della crisi dell’uomo contemporaneo. L’anoressia, la bulimia, l’alcolismo, la chirurgia estetica, il ricorso sempre più frequente ai psicofarmaci, questi “cosmetici dell’anima” sono tutti segnali del rapporto conflittuale che si ha con il proprio corpo.

Siamo bombardati da immagini di corpi belli, sani, tonici e arriviamo a credere che ciò che conta è solo quello. Dimentichiamo di essere innanzitutto spirito, anima, e non corpo da esibire. Il culto del corpo ci sta portando fuori strada, lontano dalla nostra essenza: la spiritualità. Bisogna ritrovare l’anima delle parole, comunicare. Bisogna riscoprire i valori come la famiglia, l’amore, l’amicizia, il rispetto ed insegnarli alle nuove generazioni. È questo il forte messaggio che Torino, grazie alla Fondazione Carlo Donat-Cattin, lascia a tutti noi.

CORSO GIORNALISMO CITTÀ STUDI DI BIELLA-FONDAZIONE CARLO DONAT-CATTIN