IL RISORTO, PRESENZA FEDELE E PAZIENTE
Il cap. 21 del Vangelo secondo Giovanni è un capitolo aggiunto ai tempi della redazione dei testi. Esso scorre attorno alla presenza e all’azione del discepolo che Gesù amava, l’apostolo Giovanni. L’altro protagonista è Pietro.
Questo racconto ripetuto probabilmente nei decenni, di domenica in domenica, nelle piccole comunità che abitavano città e borghi lungo la sponda del mediterraneo da Gerusalemme ad Antiochia, a Corinto, ad Efeso, ad Atene, a Roma, si è arricchito di particolari, di immagini e di riflessioni.
In esso la manifestazione del Risorto descritta, avviene sulla riva del “mare di Galilea”, là dove i discepoli, lasciato il cenacolo, erano tornati, dopo la Risurrezione, alla loro vita ordinaria fatta di lavoro, vita comune e attesa.
Un giorno ordinario Pietro prende l’iniziativa e dice: “Io vado a pescare …”. Un pugno di discepoli lo seguono e con loro Giovanni. Fu quella notte una pesca sterile, non riuscirono a catturare pesci nella loro rete.
All’alba un uomo sulla riva del lago, sconosciuto. Quell’uomo rompe il silenzio imbarazzato del gruppetto di pescatori e chiede: “Avete da mangiare?”. “No, non abbiamo nulla”. “Allora gettate le reti dalla parte destra …”. Invito che ha dell’assurdo, quello di tentare la pesca alla luce del mattino e dalla parte destra … Giovanni, ascoltato l’invito, riconosce lo sconosciuto: “E’ il Signore!”. Egli ha un cuore intelligente perché ha fatto con quel Gesù-Signore esperienza d’amore nei giorni passati insieme prima della condanna e della morte sul calvario. Giovanni “vede” e lo indica a Pietro, che si tuffa in acqua per raggiungere la riva vicina. Pietro si riprende dallo stupore e tira a riva la rete badando che non si rompa. Il forestiero già aveva acceso un fuoco con sopra del pesce e accanto del pane. “Venite a mangiare …”. Nessuno replica, a loro basta lo sguardo, l’invito e la presenza. L’intreccio narrativo indica la consonanza Kurios-Signore e Ichthys. Il termine ichthys è la traslitterazione in caratteri latini della parola in greco antico: ἰχθύς, ichthýs, ed è un acronimo usato dei primi cristiani per indicare Gesù Cristo. Per questo motivo il simbolo del pesce era molto comune nelle catacombe di Roma. Esso significa GESU’ CRISTO FIGLIO DI DIO SALVATORE e qualifica l’atto di fede cristiana.
Il racconto prosegue con il colloquio del “Signore” con Pietro: “Mi ami tu …”. “Signore, Tu lo sai che ti amo”.
Per due volte il testo greco usa il verbo phileo e la terza volta il verbo agapao. Phileo connota l’amore umano che per ora basta alla richiesta del Signore. Agapao indica l’amore totale di Dio verso l’uomo e dell’uomo verso Dio e questo qualifica la profezia che riguarda il martirio di Pietro. “In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi”. Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: “Seguimi”.
Il racconto rivela a noi percorsi di fede e di vita.
La presenza del Risorto è una presenza nell’ “ordinario” del nostro vivere: “presenza discreta, elusiva, fedele e paziente” (E. Bianchi).
L’esperienza d’amore rende “visionari”, come lo furono Francesco d’Assisi, Madre Teresa, Luther King, Gandhi. Un cuore intelligente vede e incontra l’invisibile agli occhi, “la metà invisibile delle cose” (A. D’Avenia). La presenza del risorto è “discreta” nei segni dei tempi in cui emerge ricerca di libertà, ricerca di lavoro e lavoro di ricerca, gesto di accoglienza, tempi di silenzio e riflessione, progetti creativi, fatica di camminare guardando una meta da raggiungere, cammino corale che tesse legami fraterni e anche sofferenza vissuta con benevolenza e speranza. E quando si attraversa il deserto privo di segnali è, per il cuore intelligente, una condizione provvisoria perché quel cuore intravede, attraversandolo, una terra nuova e là, al limite della sabbia, la figura all’alba del Risorto che attende e ci precede nel cammino.
Per chi come Pietro – e come me – ha difficoltà a vedere l’invisibile, ci sono tempi per riconoscerlo: il Risorto è una presenza fedele e paziente. C’è un incontro per tutti.
Ivrea, 5 maggio 2019 don Renzo