QUANDO L’ARTE DIVENTA CURATIVA
Dalla grande pittrice messicana Frida Kahlo alla “lettrice di strada” Chiara Trevisan ed alla creativa Elena Ribolzi con le “Bambine di Caldalana”
VIVIANA VICARIO, 06.05.2016
TORINO – In psicologia si chiama “sublimazione” ed è quel meccanismo psicologico di difesa che muta il senso di dolore successivo a un trauma in un’opera d’arte che lo trasformi.
Si pensi alla pittrice Frida Kahlo, al suo specchio incastonato sopra il letto a baldacchino e a tutti gli anni passati a dipingersi guardando il riflesso di sé. Fu costretta a sopportare una grave malattia sin da piccola, la fatalità di un incidente che la costrinse a letto per anni, tre aborti spontanei e una storia d’amore tormentata. Che la pittrice messicana avesse un carattere forte, è indubbio, ma il dono di Frida fu proprio l’arte di quel pennello intinto di colore, che scivolava sicuro sulla tela: il vero riscatto a un destino difficile.
Quando l’opera d’arte nasce dalle mani o dalla mente di una donna, spesso accade che sia anche curativa. Si sa l’importanza femminile nell’atto della creazione: la gestazione che precede una nascita è la stessa scintilla creativa di una donna che fa arte. Poi, una volta compiuta, sarà l’opera stessa a curare.
Chiara Trevisan e Elena Ribolzi sono due volti piemontesi dell’arte al femminile. Alla prima scivolano gli occhi fra le parole dei libri, nel via vai confuso delle strade torinesi; la seconda tasta gomitoli di lana, fra i colori di un’atmosfera da fiaba ricreata in un’antica stalla canavesana. Due volti diversi, ma uniti da un filo indissolubile: la passione per l’arte come espressione e mezzo per aiutare il prossimo.
Chiara Trevisan è una “lettrice di strada”. A Torino è conosciuta come “La lettrice vis à vis”.
Da tre anni, ogni giorno, inforca la bici carica di libri e pedala sino in centro città, tempo permettendo. La zona d’elezione è piazza Carignano: può capitare di vederla lì, o nelle vie intorno, seduta nel suo salotto letterario a osservare. Se decidi di fermarti, Chiara ti legge una pagina dei suoi tanti libri. Di certo non passa inosservata, con l’abbigliamento vintage e l’immancabile bicicletta alle sue spalle. Quella che era un’abitudine d’infanzia, di leggere ad alta voce e ascoltare, è diventato un mestiere. “Sono un’artista professionista da 14 anni; ma prima facevo teatro di figura. Da tre anni ho deciso di unire la mia passione per la lettura al teatro: così è nato il mio progetto”.
Chiara è animata dalla voglia di mostrare la strada a chi la sta cercando: osserva i passanti; e quando qualcuno si ferma, si mette a spostare di qua e di là i libri nel suo carretto, in cerca della pagina giusta, per la persona giusta. Per “entrare” nel suo salotto letterario all’aperto bisogna passare in un labirinto di campanelli da bicicletta; ma la regola da seguire è sempre la stessa: una conversazione alla volta. In un cestino messo apposta per i cercatori di risposte si può scegliere fra titoli, parole chiave, e frasi; poi ti siedi e inizi a conversare. Della sua libreria itinerante ricorda ogni singola pagina. Per ogni cercatore sceglie la storia più adatta. Capita di sentirsi un po’ osservati dagli sguardi curiosi: a volte passano, altri si posano per qualche minuto, altri ancora decidono di restare e attendere il loro turno. Anche se si è immersi nella quotidianità cittadina di piazza Carignano, l’atmosfera è intima e il tempo sembra fermarsi.
È lo stesso tempo a rimanere sospeso nella calma delle sfumature che avvolgono la vecchia stalla di Pavone Canavese, dove un’artista della lana ha arredato il suo laboratorio di bamboline in lana colorata. Saint-Éxupery lo scriveva nel “Piccolo Principe”, che “L’essenziale è invisibile agli occhi”; ad eccezione di chi il bambino interiore ha saputo ritrovarlo dentro di sé. È il caso di Elena Ribolzi, la cui storia insegna che non sempre la vita corre sui binari che avremmo voluto; ma c’è sempre il tempo per fermarsi e ricominciare. Mentre parla, mostra le bamboline in lana a cui dà vita ogni giorno. Sono una diversa dall’altra, ma tutte simili al tempo stesso: hanno il volto appena abbozzato, perché la loro vera espressione nasce dall’immaginazione di chi le guarda; il corpo come un batuffolo morbido. “La rotondità delle forme rimanda alla dimensione affettiva dell’infanzia” spiega. Ha deciso di chiamarle le “Bambine di Caldalana”; perché a toccarle, sembra davvero di tornare bambini.
Le creazioni di Elena, che con le sue sottili mani lavora lane naturali e colorate secondo i principi della pedagogia Waldorf, sono terapeutiche. Ognuno può decidere di che colore vestire e acconciare la propria bambolina personalizzata: Elena prende in mano le sue lane colorate e si lascia ispirare dalla persona. L’artista della lana di Pavone Canavese ricorda gli inizi di quella che fu la sua rinascita: un lungo percorso che la portò a scoprire prima sé stessa, e poi l’arte, la scintilla creativa e curativa che scaturisce dalle sue stesse mani: “Prima di iniziare questa attività facevo la segretaria. Era un lavoro sicuro, ma non quello che avrei voluto davvero. Mi rivolsi a una naturopata per capire quale fosse davvero la mia strada. Così, iniziai a ripercorrere a ritroso la mia vita, sino al momento in cui tornando nel mio asilo, mi ritrovai a parlare con la mia maestra. Fu un segno del destino. Mi ricordò quanto mi piacesse disegnare. Così, decisi di iniziare la scuola di pedagogia steineriana di Milano: una formazione che durò 4 anni.”
Fu la fine e l’inizio di tutto. Nelle scuole d’ispirazione steineriana, Elena ripercorre le tappe dell’educazione di sé, sotto un’altra visione: “Per insegnare non basta sapere, ma essere. Ed è su questa filosofia che il pensatore e pedagogo austriaco Steiner fondò questo nuovo modello educativo. Nelle scuole che seguono il suo pensiero antroposofico, lo sviluppo della creatività è il metodo più efficace per l’insegnamento e l’apprendimento”.
In una di queste scuole, nasce l’arte di Elena Ribolzi. Un giorno fu rapita dalla bellezza di una bambola Waldorf che rappresentava i colori dell’arcobaleno:“Era una fata bellissima. Andai a casa e decisi di riprodurla, e pensai: se non riesco a farla identica, proverò a renderla almeno simile”. Quello fu solo l’inizio di un’attività imprenditoriale, che Elena porta avanti da ormai due anni. Il sogno è diventato realtà e ora ha anche un suo sito internet, dove vende e spedisce le “Bambine di Caldalana”. Una vera e propria crociata di Peter Pan, da Pavone Canavese al mondo intero.
Per informazioni:
https://lalettrice-vis-a-vis.com/
http://www.lebambinedicaldalana.com/