“EDIFICIO SPECIALE SONDERBAU” DI VALTER SCARAFIA
In scena le vittime innocenti dei lager bordelli, una realtà sconvolgente rimasta nascosta per anni
Krizia Ribotta. 27.01.2015 FOTOGALLERY
SALUZZO – Grande successo giovedì 22 gennaio per lo spettacolo del Teatro del Marchesato presso il Politeama Civico in occasione della Giornata della Memoria. “Edificio speciale Sonderbau“, scritto ed interpretato da Ugo Rizzato e messo in scena con la regia di Valter Scarafia, ha commosso il pubblico, che è apparso provato quando si sono accese le luci. Stessa reazione che hanno avuto gli studenti degli Istituti superiori per i quali sono state fatte due repliche nella mattina di sabato 24 gennaio.
Pochi gli applausi durante l’atto unico, quasi per non rompere l’agghiacciante silenzio tra le scene strazianti e di forte impatto. Nonostante la performance dei 18 interpreti (attori delle varie compagnie ed allievi del corso di teatro) sia stata impeccabile e gli applausi sarebbero stati tutti meritati, il battito di mani sarebbe stato fuori luogo, vista la delicatezza del tema trattato.
La trama romanzata, basato su fatti verificatisi durante il regime nazista, è incentrata su una particolare sofferenza patita nei lager, quella a danno delle donne che furono costrette a prostituirsi nei bordelli con la falsa promessa della libertà. Affrontando una delle pagine meno note del nazismo, il testo, delicato e crudo allo stesso tempo, intriso di termini forti rappresentati visivamente in modo brillante e, in certi momenti, da standing ovation, vuole squarciare il velo dell’ultimo tabù delle SS. “Una memoria europea, – sottolinea l’autore -, quelle delle vittime del lager-bordello (il Sonderbau, in tedesco, ndr), che è stata negata per troppo tempo, fino agli anni Novanta, e che deve continuare ad esistere”.
Perché la storia che Julia, ormai anziana (con il volto di un’intensa Pia Ghigo Capelli), racconta solo alla fine della sua vita, è quella comune di molte altre prigioniere. Punite e condannate per aver avuto un fidanzato ebreo, l’unica via di presunta salvezza è quella di accettare la proposta del capò (impersonato da un impassibile Rizzato che non concede sconti a nessuno), e cioè prostituirsi a Buchenwald per un periodo di sei mesi, a seguito del quale avrebbero ottenuto la tanto desiderata libertà. Ingenuità, quella della protagonista e delle altre vittime, che le ha segnate tutta la sua esistenza e che le ha portate a tacere, forse per vergogna, forse per dimenticare.
Le torture a cui le deportate sono sottoposte sono dettate dagli stupidi capricci dei comandanti che, in un crescendo di derisioni, colpi di frustate, calci e bruciature di sigarette sul corpo, tolgono loro tutto, compreso il senso di vergogna. Immagini significative, queste, che la compagnia rappresenta senza risparmiare neanche le voci corali delle SS che, gridando la parola “puttane”, tuonano come uno schiaffo all’anima.
Un lager drammatico, quello del Sonderbau, in cui le donne si disperano ogni giorno di più, abbandonandosi all’alcool per diventare insensibili alle violenze subìte, con la speranza che la libertà sia ormai sempre più vicina. I sei mesi promessi a Julia, in realtà, si trasformano in due anni, e per tutto quel tempo, corrisposto alla maggior parte dello spettacolo, dalla finestra collocata sulla parete, si vede un susseguirsi di corpi senza vita ammassati sui carri e il camino di un forno crematorio, da cui continua a fuoriuscire cenere.
Sebbene la finestra sia l’unico modo per avere un contatto con l’ “esterno”, non corrisponde affatto ad uno spiraglio di sollievo, anzi, per Christine, che ha intrapreso la strada di Julia, si trasforma nel suo incubo peggiore: sul camion, in mezzo agli cadaveri, riconosce quello della sorella minore Gustine, che, dopo aver trascorso la maggior parte del suo tempo nel letto-loculo (particolare che non passa inosservato, nonostante la giovanissima Maria Ludovica Aprile rimanga immobile in scena), ormai priva di forze, muore tra le braccia delle compagne.
Per altri, come, Albert (interpretato da un impeccabile e commovente Federico D’Angelo), il triangolo rosa internato per amore, la finestra rappresenta la fine, visto che l’esperimento nazista di riportare gli omosessuali sulla retta via non è riuscito. Un monologo molto toccante, il suo, che rende omaggio alle vittime dell’ancor oggi omofobica inciviltà dei popoli dediti al supereroismo.
“La Germania diede via libera ai più beceri e spietati esperimenti per correggere quelle abitudini definite “insane”– spiega Rizzato, nell’illustrare la scelta del delicato tema degli omosessuali- E proprio dopo gli esperimenti, gli omosessuali vennero mandati al Sonderbau affinché fosse verificata la loro “guarigione”. Così facendo, in quell’esercizio nazista, del costruire una “razza” nuova e purificata le vittime si moltiplicavano”.
Scena intensa, quella finale, in cui la purezza di una rosa bianca cancella i peccati delle prostitute e regala a Julia, attraverso la morte, quella pace cercata per tutta vita. Una specie di liberazione da quel peso ingombrante che, neanche dopo la fine della guerra, le è stato risarcito.
Di seguito una fotogallery dello spettacolo firmata Renato Trucco Fotografia www.renatotrucco.com
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Personaggi e interpreti:
Julia Möller anziana: Pia Ghigo Capelli
Bert Meier, marito di Julia: Valerio Dell’Anna
Brigit Lange, vicina di casa: Tiziana Rimondotto
Margarethe Mewes, capo sorvegliante SS: AnnaMaria Gavatorta
Greta Bosel, sorvegliante SS: Paola Barbero
Julia Möller giovane: Ilaria Ferrero
Sandra, internata: Gabriella Molineri
Elga, internata: Valentina Giordano
Christine, internata: Maria Virginia Aprile
Gustine, internata: Maria Ludovica Aprile
Rosette, internata: Nicoletta Pellegrino
Petra, internata: Enrica Poggio
Thekla, capoblocco: Lucia Bagnasco
Albert, internato triangolo rosa: Federico D’Angelo
Stenzel, capò: Salvatore Tafuri
Ammon, capò: Mauro Boero
Carl Peter Vaernet, dottore: Mauro Bocci
Gustav Binder, comandante del lager: Ugo Rizzato
Cast tecnico:
Regia: Valter Scarafia
Costumi: Daniela Giacca
Luci: Franco Carletti
Scenografia: Ugo Rizzato