DANIELA FINOCCHI RACCONTA “LINGUA MADRE”
Intervistata dagli studenti universitari di “Giornalismo On Line”
MARCO LOVATO, 11.12.2014
TORINO– Daniela Finocchi è giornalista freelance e scrittrice quando, nel 2005, le viene in mente un’idea. Un progetto che a prima vista può sembrare semplice, ma che in realtà risulta innovativo e le dona un posto in prima fila nel panorama culturale torinese, e non solo.
Si tratta del Concorso letterario “Lingua Madre”, rivolto alle donne che vogliono raccontare le loro esperienze personali e il rapporto con la nuova cultura del Paese Italia che le ha accolte.
«Il concorso vuole essere un esempio significativo delle interazioni che stanno ridisegnando la mappa culturale del nuovo millennio e testimoniare la ricchezza, la tensione conoscitiva ed espressiva delle donne provenienti da altri paesi», spiega il bando ufficiale del Concorso.
Ogni anno viene pubblicata un’antologia che comprende al suo interno una cinquantina dei migliori racconti selezionati. Molti premi, inoltre, sono assegnati alle vincitrici, grazie alla Regione Piemonte ed al Salone Internazionale del Libro di Torino, che sostengono concretamente questa iniziativa dal forte sapore culturale.
«La più grande soddisfazione di questo progetto sta nel poter dare una voce a chi non ce l’ha» racconta entusiasta Daniela Finocchi, ospite della Fondazione Carlo Donat-Cattin martedì 9 dicembre. Introdotta da Gianni Ferraro, direttore del Corso universitario di “Giornalismo on line”, ha risposto con passione ed empatia alle domande degli studenti raccontando la sua esperienza decennale a capo di Lingua Madre.
“Lingua Madre” ha ottenuto un grande successo nel corso degli anni, e siamo ormai arrivati alla decima edizione. Qual è il motivo principale di questo successo?
«Dieci anni fa non c’era niente di dedicato agli stranieri, quantomeno da un punto di vista culturale o letterario. Ciò che ha reso importante Lingua Madre è stata la possibilità per molte donne escluse dalla società di far sentire la propria voce, di raccontare la propria storia e dare la propria opinione in merito alla nazione che le ha accolte, e che ora è anche la loro nazione».
Si può partecipare più volte al Concorso ?
«Certamente, molte di queste donne partecipano ogni anno; il concorso è diventato per loro uno spazio libero in cui esprimersi, raccontarsi. È questo il più grande successo di Lingua Madre. Tra l’altro alcune autrici sono divenute famose proprio grazie al concorso, che si è rivelato un ottimo trampolino di lancio per quanto non sia il suo obiettivo principale».
Per quale motivo il concorso è indirizzato solamente alle donne, e non si estende anche agli uomini?
«La società, a partire dalla cultura greca, si è sviluppata privilegiando l’uomo e relegando la donna ad una condizione di subordinazione. Certo, negli anni la situazione è migliorata, ma tuttora le donne non sempre possono avere le stesse opportunità. A partire dal linguaggio, la posizione della donna non è ancora di parità; ci sono sostantivi che non hanno la controparte femminile, come “ingegnere, sindaco”, oppure altri con desinenze che possono apparire sminuenti, come “dottore/dottoressa” o “professore/professoressa”. Da qui la scelta di privilegiare il sesso femminile, che può così ottenere lo spazio che merita».
E crede che sia stata una scelta vincente?
«Ritengo di sì, soprattutto perché le donne hanno una caratteristica che le differenzia dagli uomini, e che si riflette nelle loro opere: la capacità di vivere il presente. Inoltre, rispetto agli uomini, si legano di più alla terra che ospita loro e i loro figli. La visione femminile esprime grazia e delicatezza anche quando si deve confrontare con eventi tragici e il concorso stesso diventa veicolo di speranza e di umanità in certi casi».
In che modo ?
«Mi piace ricordare, ad esempio, la storia di una ragazza congolese arrivata in Italia su un barcone che affonda a poche centinaia di metri dalla riva. La madre, che non sa nuotare, muore sotto lo sguardo della figlia. Nonostante il forte dolore, la speranza e la riconoscenza per il paese che la ospita è grande: partecipa al Concorso e scrive il suo racconto con l’aiuto della professoressa di italiano che recentemente l’ha adottata».