“ANNA… E GLI ALTRI”
Il tributo di quattro artisti al Giorno della Memoria
ANASTASIA RADCHUK – 27.01.2014
« La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere».
Così gli articoli 1 e 2 della legge italiana n° 211 del 20 luglio 2000, per definire le finalità e le forme di celebrazione del Giorno della Memoria. Ogni 27 Gennaio la ricorrenza, beninteso non solo italiana, ci trasporta sul treno dei ricordi, un viaggio iniziato nel 1945 quando con l’apertura dei cancelli di Auschwitz si chiuse uno dei momenti più tragici della storia dell’umanità. Tramandare la realtà dei fatti ai giovani è fondamentale soprattutto per scongiurare il riproporsi di tali disastri.
Il concerto-spettacolo “Anna… e gli altri” tenutosi il 22 Gennaio presso il teatro Vittoria è perfettamente riuscito nell’intento: quarantasette ragazzi di età compresa tra i 13 e i 18 anni hanno realizzato una rappresentazione che ha davvero commosso e fatto riflettere. Non appena la tragica situazione delle famiglie ebree vissute negli anni del Nazismo si è delineata di fronte agli occhi degli spettatori sulla platea è calato il gelo, e lo sconforto è penetrato persino nelle comode poltrone del teatro. Si è trattato di uno spettacolo eterogeneo, un insieme di musica, danza e prosa legate tra loro con disinvoltura. Le struggenti e malinconiche melodie tradizionali ebraiche realizzate al pianoforte da Walter Mammarella e Fabrizio Prestipino, direttore dell’Associazione Musicale Archè, hanno accompagnato le coreografie di Anna Maria Ieva e Patrizia Crepaldi, direttrice della A.S.D. Nuovo Steps Centro Produzione Danza di Torino, con i loro sette giovanissimi e talentuosi ballerini di danza classica e moderna.
Questa armoniosa unione ha alleggerito e sfumato le taglienti parole energicamente scandite dai quaranta giovani attori della Scuola di Teatro Giuseppe Erba – Torino Spettacoli – Teatro Stabile Privato di Pubblico Interesse, ottimamente preparati da Franca Dorato. Nella direzione dello spettacolo la professoressa Dorato è stata un motore importantissimo, seguendo con occhio vigile e onnisciente non solo la scena e il retroscena, ma persino la platea, così da osservare le reazioni del pubblico e il passaggio delle emozioni e degli stessi attori che attraversavano la cosiddetta “quarta parete”, ovvero il muro immaginario che separa spettatori e protagonisti dell’opera teatrale.
Nel retroscena incontriamo gli attori e dietro alle maschere dei cupi personaggi interpretati troviamo dei ragazzi spensierati e sorridenti. Raccolgono copioni e costumi mentre sommergono di domande la loro insegnante; fervono già i preparativi per la prossima replica e nella confusione Franca Dorato dedica un po’ di tempo per parlarci della sua scuola di teatro e del progetto appena realizzato. Ci svela che la buona preparazione dei ragazzi è dovuta al fatto che l’apprendimento della recitazione viene frammentato in tante materie diverse come la dizione, l’espressione corporea e della voce, l’armonia del movimento e il canto. «Le risorse economiche non sono abbondanti, ma abbiamo imparato a sfruttarle nel modo giusto. Con me niente è lasciato al caso, curiamo con semplicità ogni dettaglio. Ogni anno mettiamo in scena uno spettacolo diverso. Trasmettere un’emozione è il regalo più grande che un uomo possa fare a un altro uomo ed è l’obbiettivo di ogni artista sia che questo si avvalga di un “pliè”, di una parola o di una scala musicale. Oggi, grazie all’aiuto di Walter Mammarella, Fabrizio Prestipino e Patrizia Crepaldi abbiamo raggiunto il nostro obbiettivo unendo le tre arti per trasmettere al pubblico tutto il dolore di un popolo che ha sofferto. Questo è il nostro tributo al Giorno della Memoria. »
E non solo, infatti gli artisti hanno reso onore anche alle quattro opere da cui sono stati tratti i testi recitati. Si tratta del famosissimo diario della giovane Annelies Marie Frank, detta Anne, morta nel campo di Bergen-Belsen nel 1945 inconsapevole che quelle note personali ne avrebbero reso eterna la memoria, e di quello, meno noto, del giovane Dawid Rubinowicz, più oggettivo e descrittivo, una precisa documentazione della tragedia di una comunità ebraica rurale. Il tema dei due resoconti è lo stesso: la voglia di vivere, il desiderio di un’esistenza sperata, appena intravista e alla fine negata ad entrambi. Gli altri due testi sono di autori italiani: il celebre memoriale Se questo è un uomo, di Primo Levi, e il romanzo di Rosetta Loy La parola ebreo, incentrato sul tema delle leggi razziali in Italia.
La rappresentazione, pur ricca e variegata, si è concentrata in poco più di un’ora. Il pubblico, composto quasi interamente da liceali, si è trovato dinanzi ad attori coetanei, in tal modo si è creata una corrispondenza speculare tra i due settori del teatro. Alla fine dello spettacolo ne è sorto un vero e proprio confronto, soprattutto in seguito all’interrogativo posto da uno studente iscritto al primo anno del liceo Berti: «Palcoscenico e platea sono due mondi apparentemente distanti. Voi attori percepite le stesse emozioni che ci trasmettete?».
Da una delle giovani attrici è arrivata subito una risposta concisa e meritevole dell’applauso che ha definitivamente incorniciato l’evento: «Per noi le sensazioni crescono in modo esponenziale. Al dramma dei personaggi interpretati subentra l’agitazione per l’incontro con il pubblico, accompagnata dalla speranza di creare con successo un canale di reciproca intesa.»