IL PUNTO SU PAPA FRANCESCO
Il Senso E Il Valore Dello Sport
Editoriale di Davide Ghezzo – 24 novembre 2013
Con le frequentazioni quotidiane e gli incontri con singoli e gruppi, che siano programmati o spontanei, Papa Francesco dimostra non solo la capacità di esercitare il ruolo pastorale che sommamente gli compete, e che lo colloca spesso e volentieri in mezzo alla folla indistinta – a Roma o altrove -, ma anche la frequentazione di ambiti della vita umana a prima vista estranei all’esperienza religiosa.
E’ il caso dello sport, cioè di una forma di espressione cui praticamente tutti gli esseri umani si rivolgono, pur in varia misura e intensità, nel corso della loro vita. Ma chi di noi non ha giocato a pallone, a pallavolo o anche solo a calciobalilla negli spazi oratoriali della prima adolescenza? Questo fa capire che la Chiesa ha compreso da tempo il valore formativo dell’attività sportiva, pur non agonistica, e il Papa non fa che sottolineare, in recenti occasioni, tale legame.
Dopo aver incontrato le nazionali di calcio di Italia e Argentina (e poi, privatamente, il calciatore della Juventus Carlitos Tevez, accomunato al pontefice da uno speciale legame, anche perché nato nei barrios di Buenos Aires), Papa Francesco ha concesso udienza ai team rugbystici delle stesse nazioni. I giganti della mischia azzurri e quelli dei pumas argentini sono stati ricevuti, assieme a tecnici e dirigenti, nella Sala Clementina, dove il pontefice ha rivolto un discorso di apprezzamento e interessamento per lo sport del rugby.
Pur ammettendo che “non si tratta di una passeggiata” (il rugby richiede infatti speciale tempra e preparazione fisica, tanto che chi ne improvvisa la pratica ha buone possibilità di farsi male seriamente), Papa Francesco ha sottolineato i valori di lealtà e rispetto che informano questo sport, caratterizzato certo da durezza e scontro fisico, ma senza alcuna violenza. E’ stato detto, con verità, che il rugby è uno sport per bestie praticato da gentiluomini, mentre per il calcio è esattamente il contrario…
Il Papa ha confessato di provare una personale simpatia per la disciplina rugbystica, di cui apprezza l’equilibrio tra il singolo e il gruppo. Perché se è vero che è il singolo giocatore che corre verso la meta, è anche vero che tale spunto finale è l’esito dello sforzo e della corsa di tutta la squadra. Il concetto stesso di meta, poi, ha permesso al pontefice un parallelo con la vita umana, che a sua volta, nella sua globalità, tende a una finalità di carattere superiore; la corsa verso la meta spirituale è difficile, faticosa, ma se si corre tutti assieme, come in un’azione corale del rugby, in cui la palla passa di mano in mano, il raggiungimento non può mancare. «E allora sì che si festeggia!», conclude il pontefice.
Certo i giocatori della palla ovale sono così stanchi, al termine di ogni azione, che difficilmente vediamo esultanze clamorose come quelle dei calciatori (e nemmeno, ha sottolineato un giocatore, si perdono energie preziose nel protestare contro l’arbitro); così se l’uomo, al termine della sua vita terrena, si trova con la coscienza a posto è perché ha profuso tutte le proprie forze al servizio dei propri cari, e in genere della propria realizzazione spirituale – più che di quella materiale, che spesso implica una buona dose di egoismo e di disinteresse nei confronti di chi ci sta intorno.
Ma se la stanchezza è grande, altrettanto lo è la soddisfazione intima di chi ha raggiunto lo scopo finale: oltrepassare la linea fatidica con la palla in mano per i rugbisti, vivere secondo coscienza, senza essere avari di se stessi, per tutti gli uomini.
La conclusione dell’intervento del pontefice è la logica conseguenza dell’assunto: all’augurio che Italia – Argentina sia una bella partita, corretta e vivace, una vera festa dello sport, ha corrisposto la richiesta di una preghiera per sé e per la Chiesa, che ha una necessità assoluta, in questi tempi perigliosi, di formare una squadra compatta, leale, e determinata a perseguire le mete che le competono.